31 agosto 2017

Così fan tutte (33) - "Sani e salvi"

Scritto da Christian

Dismessi i panni dei gentiluomini albanesi, e cantando all'unisono, Guglielmo e Ferrando rientrano in casa dalle loro "fidissime amanti", "per dar premio alla lor fedeltà": le allusioni sarcastiche, come si vede, non mancano. Ricordiamo che i due ufficiali hanno perso la scommessa con Don Alfonso, e dunque la rivalsa che stanno per prendersi sulle loro dame è velata di rabbia e di amarezza. In ogni caso, fedeli al gioco della finzione, i due si premurano anche di spiegare il motivo di questo subitaneo ritorno dal campo di battaglia: sono stati "richiamati da regio contrordine".
Fiordiligi e Dorabella restano paralizzate dal terrore, e non riescono a spiccicare parola. Per loro interviene Don Alfonso, che accoglie gli amici con ampi moti di gioia (ipocritamente, diremmo, se non sapessimo che anch'egli fa parte del complotto), giustificando anche il mutismo delle due ragazze come espressione di troppa felicità.

Con la scusa di far riporre un baule nella stanza in cui si è nascosta Despina, i due uomini "scoprono" con stupore la presenza del notaio. Ma la cameriera, a questo punto, svela il proprio travestimento, affermando con prontezza di spirito di essere appena tornata da un ballo in maschera. La rivelazione sconvolge soprattutto le due dame (anche se non è sufficiente ancora a farle sospettare che il matrimonio che hanno appena contratto fosse solo una burla: beata ingenuità!). In ogni caso, Don Alfonso ha già pronta la contromisura: fa cadere per terra il contratto nuziale e sussurra a Guglielmo e Ferrando di raccoglierlo. Prima con comica distrazione, poi con calcolata sorpresa, i due ufficiali trasecolano di fronte alla visione delle firme delle loro promesse spose su questo documento: è la prova del tradimento ("Giusto ciel! Voi qui scriveste, / Contraddirci omai non vale!"). Le donne ammettono la loro colpa ("Il mio fallo tardi vedo") e si offrono di espiare addirittura con la morte, tornando ai modi teatrali di un tempo. Ma in un moto d'orgoglio, accusano Alfonso e Despina di aver fatto di tutto per farle cadere nella trappola dei nuovi amanti ("Per noi favelli / il crudel, la seduttrice!").

A questo punto, è Don Alfonso stesso che indirizza i due amici verso la stanza dove si sarebbero celati i misteriosi sposi. Dorabella e Fiordiligi si domandano il perché di questa mossa, ma il loro stupore è ancora maggiore quando Ferrando e Guglielmo, entrati nella stanza, ne escono indossando in parte i travestimenti da albanesi. La rivelazione dell'inganno è accompagnata dalla musica di Mozart che richiama due momenti precedenti dell'opera. O meglio, dovrebbe richiamarli... Perché se le parole che Guglielmo rivolge a Dorabella, restituendole il ritratto dell'amico ("Il ritrattino / pel coricino / ecco, io le rendo, signora mia!") ci ricordano la melodia del loro duetto d'amore ("Il core vi dono"), il tema con cui Ferrando si presenta a Fiordiligi ("A voi s'inchina, / bella damina, / il cavaliere dell'Albania!") è del tutto nuovo. È la dimostrazione che gli autori avevano previsto per i due finti nobili una presentazione formale già durante il primo atto, poi eliminata per qualche motivo, ma di cui è sopravvissuta questa traccia musicale. (Da notare che un rimando melodico c'è anche per Despina: "Ed al magnetico signor dottore / rendo l'onore / che meritò!").

La meraviglia delle tre donne è tanta (anche Despina si stupisce, perché anche lei viene a conoscenza solo ora della vera identità dei due albanesi; ma la cameriera fa presto a consolarsi: "Manco mal, se a me l'han fatta, / ch'a molt'altri anch'io la fo"). Ovviamente Fiordiligi e Dorabella si scagliano contro Don Alfonso, il responsabile dell'inganno. Al che questi, da buon filosofo illuminista, spiega a tutti l'intento – a fin di bene – che lo ha spinto a organizzare la mascherata (dalla quale, ricordiamo, ci ha anche guadagnato novanta zecchini: dei cento vinti con la scommessa, dieci andranno infatti a Despina).

V'ingannai, ma fu l'inganno
disinganno ai vostri amanti
che più saggi omai saranno,
che faran quel ch'io vorrò.
Qua le destre: siete sposi.
Abbracciatevi e tacete.
Tutti quattro ora ridete,
ch'io già risi e riderò.
E qui, quasi miracolosamente (come nel finale de "Le nozze di Figaro"), c'è spazio per il perdono e il ricongiungimento (anche se il libretto, facendo cantare praticamente all'unisono sia le due donne che i due uomini, lascia un certo margine di ambiguità – e di libertà agli allestitori – su quali siano le coppie che si riformano). Fiordiligi e Dorabella (premettendo prudenzialmente "Idol mio, se questo è vero": dopo tutto quello che è successo, e gli inganni di cui sono state vittime, anche per loro fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!), si dichiarano pentite e promettono nuova fede ed amore agli sposi. Che dal canto loro, dimostrando di aver appreso la lezione, rispondono: "Te lo credo, gioia bella, / ma la prova far non vo'".
Lo stesso Don Alfonso sembra suggerire (beninteso, dal suo punto di vista) nelle pieghe di un terzetto, quella che potremmo utilizzare a buon diritto come epigrafe di «Così fan tutte»:
O pazzo desire
Cercar di scoprire
Quel mal che trovato
Meschini ci fa.
Una conclusione, questa, che non sarebbe spiaciuta al volterriano Candide, e che mette a fuoco, definitivamente, il senso del razionalismo e dell'ironia di quest'opera buffa, che buffa non è poi tanto; e insieme ne qualifica, all'interno dell'estrema stagione creativa di Mozart, il carattere raccolto, meditativo, sublimamente crepuscolare. Una pausa di ripiegamento interiore (non diciamo di smarrimento) dopo il tumulto troppo umano delle passioni di «Don Giovanni» e lo scatenato ritmo della folle journée; immediatamente prima, sappiamo, del «Flauto magico», della suprema rivelazione, nella prospettiva della morte, di una verità inattingibile dalla logica – splendente e miserabile – della raison settecentesca.
(Francesco Degrada)
C'è chi ha visto in questo finale un altro aspetto del "maschilismo" dell'opera, accusando le due donne di non aver imparato – a differenza dei due uomini – alcuna lezione: tant'è vero che si lanciano in nuove e solenni promesse di fede eterna (mentre i loro sposi, giustamente, affermano di non voler più mettere tale fede alla prova). In realtà, in un'opera che tanto ha fatto discutere nel corso dei secoli, proprio la conclusione è la parte che più ha diviso, e continua a dividere, critici e spettatori. Molti avrebbero preferito le nuove coppie a quelle vecchie:
Si può ben comprendere la perplessità dei critici di fronte al ritorno della briosa Fiordiligi fra le braccia del lagnoso Guglielmo. Ma a parte l'incompatibilità caratteriale che emerge dal libretto, è la musica stessa a segnalare in modo inequivocabile che il secondo assortimento coniugale è di gran lunga preferibile a quello di partenza. Se è vera – per non dire disposta dal Cielo – la legge secondo cui in un'opera le voci più acute devono essere appaiate, allora il soprano Fiordiligi è senza dubbio destinato al tenore Ferrando. In altri casi un precetto simile avrebbe forse avuto minor peso, ma in un'opera sull'opera ci si aspetta che la prima donna dia il meglio di sé in ispirati duetti d'amore, accompagnata però da un tenore, non da un basso.
(Daniel Heartz)
Alcuni ci vedono un finale amaro:
Poteva essere un imbarco per Citera, "Così fan tutte", ma quell'isola non sarà mai raggiunta. Il farsesco finale, con Despina travestita da notaio, il finto ritorno dei due amanti rivestiti della propria identità originaria, la ricombinazione delle coppie secondo convenzione sociale e non secondo natura, lascerà a tutti un lungo amaro in bocca. Si può supporre che vissero poi infelici e scontenti. Fissando di lontano le rive dell'isola sognata per un momento.
(Luca Fontana)
E altri, il trionfo dell'amore:
La morale della favola è evidente: l'amore femminile è superficiale. Ma – e qui alla frivolezza subentra l'equità – è anche vero che Ferrando e Guglielmo (gettando i rispettivi travestimenti) sconfiggono il filosofo e perdonano alle loro fidanzate, colte in flagrante adulterio formale, vale a dire in atto di sposare gli apparentemente nuovi fidanzati; le virtù dell'amore trionfano col ricomporsi delle coppie così come erano in origine. Né il cinismo del vecchio Don Alfonso né le malizie femminili della sua complice, la servetta Despina, riescono a snaturare la passione amorosa, che ha subìto una semplice prova, vittoriosamente superata. In altre parole, l'amore è intangibile e inattaccabile dagli assalti che vengono portati contro di esso tanto dal razionalismo filosofico quanto dai vizi mondani; e se il valore dell'amore sta più nel perdono dei maschi che nell'umana debolezza delle donne, ciò corrisponde perfettamente al maschilismo corrente all'epoca.
(Claudio Casini)
Personalmente ritengo che il "Così fan tutte" sia un viaggio verso la maturità (sentimentale) assolutamente simmetrico ed equilibrato, certo intriso della cultura dell'epoca (ma abbiamo già visto più volte come la musica di Mozart spesso vada oltre il significato testuale del libretto) ma comunque un percorso verso un rapporto di coppia reale e non idealizzato, basato sulla conoscenza reciproca e non sulle proiezioni. E "conoscenza" (attraverso anche il dolore) è la parola chiave:
"Così fan tutte" è un viaggio verso la conoscenza e l'individuazione, verso un'umanizzazione utopicamente sognata: un giorno saremo esseri umani interi, non più amputati, tutti, uomini e donne, e non soffriremo più. E in un certo senso è un'utopia, o la verifica della sua impossibilità – in musica. Per gran parte del primo atto le due coppie si esprimono a due a due separati per sessi. Sarà il ricombinamento delle coppie d'amanti che permetterà ai caratteri di rivelarsi, come già si è detto.
(Luca Fontana)
Un articolo di Philip Hensher apparso sul "Guardian" prova a spiegare perché molti, ancora oggi, rimangono con un senso di fastidio o di rammarico alla conclusione del "Così fan tutte":
Pochi direttori moderni hanno resistito alla tentazione di dimostrare che l'esperimento in "Così fan tutte" porta ineluttabilmente a un disastro emotivo. Sospetto che un buon numero di spettatori non sappia dire con assoluta certezza chi dovrebbe finire con chi al sipario finale, così come è frequente la conclusione in cui Fiordiligi scoppia impotente in lacrime. Mozart non ignora il terribile dolore emozionale causato dall'esperimento di Don Alfonso, ma, come suggeriscono i nomi improbabili e artificiali dei personaggi, siamo prima di tutto di fronte a una versione intricata e tangenziale della vita reale. Le fonti delle passioni vengono esaminate e messe a nudo, non solo al pubblico, ma agli stessi amanti. Non sembra esserci motivo per dubitare che Mozart e Da Ponte ritenessero che questa non fosse una storia di vite rovinate, ma piuttosto di vite sottoposte a una prova grottesca ed estrema da cui emergono purificate, più tristi e più sagge. Se la maggior parte degli spettatori moderni non riesce a superare l'idea del "Così" come di una storia e di sofferenze e di crudeltà immotivate, può essere perché, a differenza dei pensatori dell'Illuminismo, non abbiamo più il senso delle passioni come cose che possono essere esaminate, studiate e controllate.
(Philip Hensher)
Infine, concludiamo con il solito Heartz, che ci commenta il concertato finale:
Il lieto fine di "Così fan tutte", col ritorno delle due sorelle ai fidanzati d'origine, è anche la parte dell'opera che più ha fatto discutere in assoluto. Pure in esso si rinnova la tradizione che già aveva indotto Goldoni a concludere "Le pescatrici" con un perdono finale altrettanto repentino e assoluto. Non è escluso che Mozart e Da Ponte siano stati fortemente tentati di ricorrere a un epilogo del tutto diverso: che bella coppia avrebbero potuto formare due splendidi amanti d'opera seria come Ferrando e Fiordiligi! [...] Forse è proprio su questo punto che poeta e librettista finirono per trovarsi in disaccordo. Nel qual caso gli argomenti di Da Ponte-Don Alfonso ebbero sicuramente la meglio. L'ensemble finale è infatti interamente permeato della filosofia razionale e ottimistica dapontiana:
Fortunato l'uom che prende
ogni cosa pel buon verso,
e tra i casi e le vicende
da ragion guida si fa.
Non ci si può ormai più stupire che anche dietro questi sentimenti si celi l'ennesimo monumento letterario del passato, "Le misanthrope" di Molière; termini analoghi erano già stati usati dal saggio e mondano Philinte per rimproverare il protagonista, capace di vedere solo il lato negativo della realtà:
Je prends tout doucement les hommes comme ils sont,
j'accoutume mon âme à souffrir ce qu'ils font;
et je crois qu'à la cour, de même qu'à la ville,
mon flegme est philosophe autant que votre bile.
Neanche il flemmatico Don Alfonso avrebbe potuto esser più eloquente. Forse Da Ponte si sarebbe accontentato di finir lì e fu Mozart a esigere un'altra quartina per poter conferire all'ensemble finale il necessario contrasto musicale oltre che il carattere di un vero e proprio commiato.
Quel che suole altrui far piangere
fia per lui cagion di riso,
e del mondo in mezzo ai turbini
bella calma troverà.
Nella sua perfetta semplicità l'espressione "bella calma" riassume meglio di ogni altra lo stato d'animo in cui si trova alla fine dell'opera. Ma lasciamo che sia Dent a emettere il giudizio definitivo: "Così fan tutte è il miglior libretto di Da Ponte e la più raffinata opera di Mozart".
(Daniel Heartz)

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FERRANDO E GUGLIELMO
(entrano con mantelli e cappelli militari)
Sani e salvi, agli amplessi amorosi
Delle nostre fidissime amanti
Ritorniamo di gioia esultanti
Per dar premio alla lor fedeltà!

DON ALFONSO
Giusti Numi! Guglielmo! Ferrando!
Oh, che giubilo! Qui? Come e quando?

FERRANDO E GUGLIELMO
Richiamati da regio contrordine,
Pieno il cor di contento e di gaudio,
Ritorniamo alle spose adorabili,
Ritorniamo alla vostra amistà.

GUGLIELMO
(a Fiordiligi)
Ma cos'è quel pallor, quel silenzio?

FERRANDO
(a Dorabella)
L'idol mio perchè mesto si sta?

DON ALFONSO
Dal diletto confuse ed attonite
Mute mute si restano là.

FIORDILIGI E DORABELLA
(Ah, che al labbro le voci mi mancano;
Se non moro un prodigio sarà.)

(I servi portano un baule.)

GUGLIELMO
Permettete che sia posto
Quel baul in quella stanza.
Dei, che veggio!
Un uom nascosto!
Un notaio! Qui che fa?

DESPINA
(esce senza cappello)
No, signor, non è un notaio;
È Despina mascherata
Che dal ballo or è tornata
E a spogliarsi venne qua.

FERRANDO E GUGLIELMO
(da sè)
Una furba uguale a questa
Dove mai si troverà?

DESPINA
Una furba che m'agguagli
Dove mai si troverà?

FIORDILIGI E DORABELLA
La Despina? La Despina?
Non capisco come va.

(Don Alfonso lascia cadere accortamente il contratto sottoscritto dalle donne.)

DON ALFONSO
(piano agli amanti)
Già cader lasciai le carte;
Raccoglietele con arte.

FERRANDO (raccogliendo il contratto)
Ma che carte sono queste?

GUGLIELMO
Un contratto nuziale!

FERRANDO E GUGLIELMO
Giusto ciel! Voi qui scriveste,
Contraddirci omai non vale!
Tradimento, tradimento!
Ah, si faccia il scoprimento
E a torrenti, a fiumi, a mari
Indi il sangue scorrerà!

FIORDILIGI E DORABELLA
Ah, signor, son rea di morte
E la morte io sol vi chiedo;
Il mio fallo tardi vedo;
Con quel ferro un sen ferite
Che non merita pietà!

FERRANDO E GUGLIELMO
Cosa fu?

FIORDILIGI E DORABELLA
(additando Despina e Don Alfonso)
Per noi favelli
Il crudel, la seduttrice!

DON ALFONSO
Troppo vero è quel che dice
E la prova è chiusa lì!
(Accenna la camera dov'erano entrati prima gli amanti. Ferrando e Guglielmo entrano in camera.)

FIORDILIGI E DORABELLA
Dal timor io gelo, io palpito,
Perchè mai li discoprì?

(Ferrando e Guglielmo escono dalla camera, senza cappelli, senza mantelli e senza mustacchi, ma coll'abito finto e burlano in modo ridicolo le amanti e Despina.)

FERRANDO
(a Fiordiligi)
A voi s'inchina,
Bella damina,
Il cavaliere dell'Albania!

GUGLIELMO
(a Dorabella)
Il ritrattino
Pel coricino
Ecco, io le rendo, signora mia!

FERRANDO E GUGLIELMO
(a Despina)
Ed al magnetico signor dottore
Rendo l'onore
Che meritò!

FIORDILIGI, DORABELLA E DESPINA
Stelle, che veggo!

FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Son stupefatte!

FIORDILIGI, DORABELLA E DESPINA
Al duol non reggo!

FERRANDO, GUGLIELMO E DON ALFONSO
Son mezze matte!

FIORDILIGI E DORABELLA
(accennando Don Alfonso)
Ecco là il barbaro
Che c'ingannò!

DON ALFONSO
V'ingannai, ma fu l'inganno
Disinganno ai vostri amanti,
Che più saggi omai saranno,
Che faran quel ch'io vorrò.
(li unisce e li fa abbracciare)
Qua le destre, siete sposi,
Abbracciatevi e tacete,
Tutti quattro ora ridete,
Ch'io già risi e riderò.

FIORDILIGI E DORABELLA
Idol mio, se questo è vero,
Colla fede e coll'amore
Compensar saprò il tuo core,
Adorarti ognor saprò.

FERRANDO E GUGLIELMO
Te lo credo, gioia bella,
Ma la prova far non vo'.

DESPINA
Io non so se veglio o sogno,
Mi confondo, mi vergogno;
Manco mal, se a me l'han fatta,
Ch'a molt'altri anch'io la fo.

TUTTI
Fortunato l'uom che prende
Ogni cosa per buon verso
E tra i casi e le vicende
Da ragion guidar si fa.
Quel che suole altrui far piangere
Fia per lui cagion di riso
E del mondo in mezzo ai turbini
Bella calma troverà.




Josef Kundlak (Ferrando), Alessandro Corbelli (Guglielmo), Claudio Desderi (Don Alfonso),
Daniela Dessì (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Adelina Scarabelli (Despina)
dir: Riccardo Muti (1989)


Luigi Alva (Ferrando), Hermann Prey (Guglielmo), Walter Berry (Don Alfonso),
Gundula Janowitz (Fiordiligi), Christa Ludwig (Dorabella), Olivera Miljaković (Despina)
dir: Karl Böhm (1970)


Werner Güra (Ferrando), Hanno Müller-Brachmann (Guglielmo), Roman Trekel (Don Alfonso),
Dorothea Röschmann (Fiordiligi), Katharina Kammerloher (Dorabella), Daniela Bruera (Despina)
dir: Daniel Barenboim (2002)


Luis Lima (Ferrando), Ferruccio Furlanetto (Guglielmo), Paolo Montarsolo (Don Alfonso),
Edita Gruberova (Fiordiligi), Delores Ziegler (Dorabella), Teresa Stratas (Despina)
dir: Nikolaus Harnoncourt (1988)