29 marzo 2017

Norma (10) - "Vanne, e li cela entrambi"

Scritto da Marisa

Entriamo sempre di più nel cuore tormentato di Norma e nei suoi conflitti. Al dolore per la freddezza dell'amato si aggiunge il problema dei figli. Siamo ora nelle stanze riservate della sacerdotessa e scopriamo che, nascosti a tutti e custoditi da Clotilde, una fedele ancella, esistono due bambini, frutto della relazione clandestina con il proconsole romano Pollione, il nemico del suo popolo!

Secoli di culto materno, alimentato dall'immagine cristiana di Maria, madre amorevole e perfetta, ci hanno abituato a considerare solo il lato positivo del rapporto madre-figlio e a sentire come aberrante e mostruoso ogni suo offuscamento. Quale inganno! Del resto cosa ci rassicura di più e ci fa maggior piacere di poter contare su un amore incondizionato, assoluto, protezione e scudo contro ogni pericolo e possibile minaccia? A questo abbiamo delegato l'amore materno. E in realtà, all'inizio della vita sempre così precaria, le braccia della madre e il suo “seno” sono veramente garanzia di sopravvivenza e radice di ogni sentimento di fiducia e autostima. Ma quello che per il bambino è assolutamente necessario non sempre trova esatta corrispondenza nel sentimento della donna-madre. E soprattutto, fino a quando si può e si deve garantire tale protezione rassicurante? Non arriva (per alcuni troppo presto, purtroppo!) il momento in cui le frustrazioni si susseguono e ci portano a capire che non tutto è garantito, non tutto è gratuito, non tutto è permesso? Norma è una donna lucida, in grado di leggere nel proprio cuore, e ci porta direttamente in uno dei conflitti più segreti e in genere rimossi dell'animo femminile: il contemporaneo amore-odio per i propri figli!

Non so. Diversi affetti
Strazian quest'alma.
Amo in un punto ed odio i figli miei!
Soffro in vederli,
E soffro s'io non li veggo.
Non provato mai
Sento un diletto
Ed un dolore insieme d'esser lor madre.
Quale donna moderna ammetterebbe la compresenza di sentimenti così contrapposti? Magari in un momento di sconforto, di debolezza emotiva ci si spinge a dire che “ebbene sì, sono stanca, il bambino non mi fa dormire di notte e questo mi esaspera, a volte vorrei persino non averlo tra i piedi continuamente...”, ma presto rassicuriamo tutti dicendo che “sono perfettamente felice di averlo ed è la più bella cosa che la vita mi abbia dato”. Norma no. Lei ammette onestamente l'ambivalenza esistente nel proprio cuore e non cerca scuse. Solo Catullo ci parla con tanta lucida consapevolezza, riconoscendo nel suo appassionato amore per Clodia (Lesbia) la compresenza dell'odio. Sentiamolo perché si tratta solo di due versi, ma quanto importanti.

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior
Odio e amo. Ma come, dirai. Non lo so,
sento che avviene ed è la mia tortura.

Certamente Catullo aveva i suoi buoni motivi anche per l'odio (veniva abitualmente tradito!) e anche Norma si trova in una situazione difficile, ma chi prima o poi non incappa in periodi bui dove la strada si fa in salita? Riconoscere che dietro l'amore è sempre in agguato l'odio, che aspetta solo il momento opportuno per farsi avanti, questo sì che ci renderebbe meno giudicanti e arrogantemente sicuri quando tutto va bene e le condizioni sono le più favorevoli!

Il tormento di Norma è acuito dal fatto di sapere che il proconsole è stato richiamato a Roma, ma non sa se lui vuole portare con sé lei e i figli. Lei sarebbe ben pronta a seguirlo e lasciare così definitivamente il suo popolo e il ruolo sacerdotale, ma lui cosa vuole? "Ei tace il suo pensiero. / Oh! S'ei fuggir tentasse, e qui lasciarmi? / Se obliar potesse questi suoi figli?", confida a Clotilde, rivelando tutta la pena e la struggente attesa. Norma sa bene che se Pollione rinnegasse i suoi figli non proteggendoli o portandoli a Roma, il destino dei bambini sarebbe segnato perché la sua gente non potrebbe mai accettarli in quanto figli del nemico. Ed ecco che l'amore-odio comincia a lavorare nel suo animo prendendo altre strade...

E qui comincia veramente il confronto con Medea. Sì, perché fin tanto che si tratta solo di ambivalenza, questa è strutturalmente insita nel cuore di ogni donna-madre (anche se viene spesso rimossa a vantaggio del solo polo positivo), ma ora comincia a farsi strada un pensiero che potrebbe trasformarsi in azione: cosa fare se l'uomo amato e per cui si sono corsi tanti rischi ci abbandona con i figli? Come vendicarsi, facendolo soffrire, e come risolvere il problema dei figli, una volta che la protezione paterna viene meno, con tanta disinvoltura e leggerezza?

Le premesse ci sono tutte. Medea, la potente “maga-sacerdotessa”, per aiutare Giasone – di cui si è innamorata a prima vista – nella sua difficile impresa della conquista del “Vello d'oro” (impresa antesignana di ogni avventura eroica), non esita a tradire la sua gente, a uccidere persino il fratello e a fuggire con l'amato in Grecia, terra per lei ostile. In seguito, dopo l'annunciato nuovo matrimonio di lui con la principessa di Corinto, Creusa, si ritrova messa al bando con i figli, senza alcuna protezione, tradita e umiliata... Lei, la grande maga, discendente dal Sole stesso, abituata a comandare ed essere temuta nella sua terra ed ora considerata “barbara” dagli orgogliosi greci e spogliata di ogni dignità... Non si profila una situazione analoga per Norma? Per ora lei è ancora la “sacerdotessa suprema”, in grado di sviare la rabbia e la vendetta dei suoi dal capo dell'amato, ma tutto si rovescerebbe se lui l'abbandonasse...

Uscendo dall'interpretazione alla lettera del mito e dell'opera, non possiamo non cogliere – proprio attraverso la loro esemplarità – l'angoscia e il tormento di tante donne, che pur pensano di essere ormai emancipate, al momento di subire un abbandono umiliante da parte dell'uomo amato e per il quale hanno forse sacrificato delle parti importanti di sé, magari le proprie ambizioni culturali e professionali, o si sono alienate la famiglia di origine staccandosi troppo bruscamente per essere solo dedite al proprio uomo. Ricordo il bel film del 2005 di Roberto Faenza “I giorni dell'abbandono”, in cui una dolente ed intensa Margherita Buy interpreta la moglie tradita e abbandonata da una cinica e disinvolta canaglia a cui presta la faccia il simpatico Luca Zingaretti.

Clicca qui per il testo di "Vanne, e li cela entrambi".

(Abitazione di Norma. Norma, Clotilde e due piccoli fanciulli.)

NORMA
Vanne, e li cela entrambi.
Oltre l'usato
Io tremo d'abbracciarli.

CLOTILDE
E qual ti turba strano timor,
Che i figli tuoi rigetti?

NORMA
Non so. Diversi affetti
Strazian quest'alma.
Amo in un punto ed odio i figli miei!
Soffro in vederli,
E soffro s'io non li veggo.
Non provato mai
Sento un diletto
Ed un dolore insieme d'esser lor madre.

CLOTILDE
E madre sei?

NORMA
Nol fossi!

CLOTILDE
Qual rio contrasto!

NORMA
Immaginar non puossi, o mia Clotilde!
Richiamato al Tebro è Pollione.

CLOTILDE
E teco ei parte?

NORMA
Ei tace il suo pensiero.
Oh! S'ei fuggir tentasse,
E qui lasciarmi?
Se obliar potesse
Questi suoi figli?

CLOTILDE
E il credi tu?

NORMA
Non l'oso.
È troppo tormentoso,
Troppo orrendo è un tal dubbio.
Alcun s'avanza. Va. Li cela.

(Clotilde parte coi fanciulli. Norma li abbraccia.)




Maria Callas, Gabriella Carturan (1955)

Leyla Gencer, Sofía Schulz (1964)