6 giugno 2016

La Bohème (24) - La morte di Mimì

Scritto da Christian

Dopo il tuffo nei ricordi, è tempo del vertiginoso precipitare verso la fine. A nulla valgono le premure di Rodolfo e degli amici che ritornano (Schaunard, Musetta e Marcello). Il manicotto portatole da Musetta scalda per un ultimo istante le mani di Mimì, che si assopisce sul letto. Marcello spiega che il medico "verrà". Musetta recita un'accorata preghiera (è il primo e unico momento in cui la religione si fa strada seriamente nelle parole e nelle vite di questi personaggi).

Tutto è però inutile. Schaunard è il primo a rendersi conto che non c'è più speranza, e sussurra sottovoce a Marcello che "Mimì è spirata". Mentre anche Colline fa ritorno nella soffitta, Rodolfo continua a volersi illudere: è l'ultimo a capire la verità, turbato dal contegno degli amici ("Che vuol dire / quell'andare e venire, /quel guardarmi così...?", recita a parole, anziché cantare). L'opera si conclude con il grido disperato del poeta, in mezzo agli amici affranti. Con Mimì muore un'epoca, un amore, una giovinezza.

Per questo finale, i librettisti di Puccini scelsero di ispirarsi non al romanzo di Murger (nel quale Mimì moriva da sola in ospedale) ma alla versione teatrale da lui scritta in collaborazione con Théodore Barrière, nella quale la ragazza tornava appunto da Rodolfo per trascorrere con lui gli ultimi istanti di vita. Sempre dall'adattamento scenico provengono i momenti in cui Musetta impegna i suoi gioielli e Colline la sua zimarra (nel romanzo, il filosofo si limitava a vendere i suoi libri). La scelta, ovviamente, fu dovuta alla necessita di un finale "collettivo", ben più adatto all'opera. Nei post precedenti abbiamo già ricordato come Illica e Puccini discussero a lungo a proposito delle dinamiche del quadro conclusivo, prima di accordarsi sulla versione finale.

Il circolo vitale di Mimì, ormai divenuta sineddoche dell’amore romantico, perduto ma eternamente rimpianto si è chiuso, e la coda è solo sofferenza, a cominciare dall’inutile preghiera di Musetta, mentre Rodolfo s’agita invano; solo Schaunard ha percepito e constatato la morte, e la segnala agli altri. L’ultimo a capire è il poeta: quattro violini primi creano un’atmosfera rarefatta di momentanea pace riprendendo ancora per poche battute il tema di «Mi piaccion quelle cose» (come non rammentare la fine di Violetta, sorella nella malattia, anche nell’idea d’impiegare sonorità ridotte per connotare il «mal sottile»?); poi rimane solo il pedale di La, tenuto da un clarinetto e un contrabbasso. Brevi attimi di dialogo parlato – la speranza è davvero l’ultima a morire – e infine l’attacco a tutta forza di «Sono andati» che diventa la trenodia di Mimì, con l’ultimo Sol acuto di Rodolfo, invocazione disperata del nome di lei. L’opera si conclude con la stessa cadenza della «Vecchia zimarra» di Colline, con la sensibile modale che imprime un tocco d’arcaismo alla tonalità, ed è un modo per scrivere con la musica la parola addio, ricordando il saluto commosso che il filosofo aveva da poco rivolto al pastrano. Anche questa ripresa trasmette un messaggio: comunicare il senso di un distacco materiale, al di là del fatto che si tratti di un oggetto o di una persona. Sono infatti tutte componenti della «Vita gaia e terribile!…» ideata da Murger. Il richiamo è quindi volto a rafforzare l’atmosfera di morte come metafora della conclusione di un periodo dell’esistenza, e si tratta dunque di un gesto musicale che sollecita un "affetto", e non di un rapporto tra causa ed effetto. La cadenza è il congedo più suggestivo da un mondo fatto di persone e di cose, un mondo di cui la morte di Mimì ha decretato la fine traumatica.
(Michele Girardi)

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(Mimì è presa da uno spasimo di soffocazione e lascia ricadere il capo, sfinita.)

RODOLFO
(spaventato, la sorregge)
Oh Dio! Mimì!

(In questo momento Schaunard ritorna: al grido di Rodolfo accorre presso Mimì.)

SCHAUNARD
Che avvien?

MIMÌ
(apre gli occhi e sorride per rassicurare Rodolfo e Schaunard)
Nulla. Sto bene.

RODOLFO
(la adagia sul cuscino)
Zitta, per carità.

MIMÌ
Sì, sì, perdona,
ora sarò buona.

(Musetta e Marcello entrano cautamente, Musetta porta un manicotto e Marcello una boccetta.)

MUSETTA
(a Rodolfo)
Dorme?

RODOLFO
(avvicinandosi a Marcello)
Riposa.

MARCELLO
Ho veduto il dottore!
Verrà; gli ho fatto fretta.
Ecco il cordial.
(prende una lampada a spirito, la pone sulla tavola e l'accende)

MIMÌ
Chi parla?

MUSETTA
(si avvicina a Mimì e le porge il manicotto)
Io, Musetta.

MIMÌ
(aiutata da Musetta si rizza sul letto, e con gioia quasi infantile prende il manicotto)
Oh, come è bello e morbido! Non più
le mani allividite. Il tepore
le abbellirà...
(a Rodolfo)
Sei tu che me lo doni?

MUSETTA
(pronta)
Sì.

MIMÌ
(stende una mano a Rodolfo)
Tu, spensierato!
Grazie. Ma costerà.
(Rodolfo scoppia in pianto)
Piangi? Sto bene...
Pianger così, perché?
(mette le mani nel manicotto, si assopisce inclinando graziosamente la testa sul manicotto in atto di dormire)
Qui.. amor... sempre con te!
Le mani... al caldo... e... dormire.
(silenzio)

RODOLFO
(rassicurato nel vedere che Mimì si è addormentata, cautamente si allontana da essa e fatto un cenno agli altri di non far rumore, si avvicina a Marcello)
Che ha detto il medico?

MARCELLO
Verrà.

(Rodolfo, Marcello e Schaunard parlano assai sottovoce fra di loro; di tanto in tanto Rodolfo fa qualche passo verso il letto, sorvegliando Mimì, poi ritorna verso gli amici.)

MUSETTA
(fa scaldare la medicina portata da Marcello sul fornello a spirito, e quasi inconsciamente mormora una preghiera)
Madonna benedetta,
fate la grazia a questa poveretta
che non debba morire.
(interrompendosi, a Marcello)
Qui ci vuole un riparo
perché la fiamma sventola.
(Marcello si avvicina e mette un libro ritto sulla tavola formando paravento alla lampada)
Così.
(ripiglia la preghiera)
E che possa guarire.
Madonna santa, io sono
indegna di perdono,
mentre invece Mimì
è un angelo del cielo.
(mentre Musetta prega, Rodolfo le si è avvicinato)

RODOLFO
Io spero ancora. Vi pare che sia grave?

MUSETTA
Non credo.

(Camminando sulla punta dei piedi, Schaunard va ad osservare Mimì, fa un gesto di dolore e ritorna presso Marcello.)

SCHAUNARD
(con voce strozzata)
Marcello, è spirata...

(Intanto Rodolfo si è avveduto che il sole della finestra della soffitta sta per battere sul volto di Mimì e cerca intorno come porvi riparo; Musetta se ne avvede e gli indica la sua mantiglia, sale su di una sedia e studia il modo di distenderla sulla finestra. Marcello si avvicina a sua volta al letto e se ne scosta atterrito; intanto entra Colline che depone del danaro sulla tavola presso a Musetta.)

COLLINE
Musetta, a voi!
(poi visto Rodolfo che solo non riesce a collocare la mantiglia corre ad aiutarlo chiedendogli di Mimì)
Come va?...

RODOLFO
Vedi?... È tranquilla.

(Rodolfo si volge verso Mimì, in quel mentre Musetta gli fa cenno che la medicina è pronta, scende dalla scranna, ma nell'accorrere presso Musetta si accorge dello strano contegno di Marcello e Schaunard.)

RODOLFO
(con voce strozzata dallo sgomento)
Che vuol dire
quell'andare e venire,
quel guardarmi così...

MARCELLO
(non regge più, corre a Rodolfo e abbracciandolo con voce angosciata grida:)
Coraggio!

RODOLFO
(si precipita al letto di Mimi, la solleva e scotendola grida colla massima disperazione, piangendo)
Mimì... Mimì!...
(si getta sul corpo esanime di Mimì)

(Musetta, spaventata corre al letto, getta un grido angoscioso, buttandosi ginocchioni e piangente ai piedi di Mimì dalla parte opposta di Rodolfo. Schaunard si abbandona accasciato su di una sedia a sinistra della scena. Colline va ai piedi del letto, rimanendo atterrito per la rapidità della catastrofe. Marcello singhiozza, volgendo le spalle al proscenio.)




Luciano Pavarotti (Rodolfo), Renata Scotto (Mimì), Ingvar Wixell (Marcello), Maralin Niska (Musetta),
Allan Monk (Schaunard), Paul Plishka (Colline)
dir: James Levine (1977)


Giuseppe di Stefano, Maria Callas,
Rolando Panerai, Anna Moffo

Rolando Villazón, Anna Netrebko,
George van Bergen, Nicole Cabell