4 maggio 2016

La Bohème (16) - "D'onde lieta uscì"

Scritto da Christian

Quanto è difficile dirsi addio, specialmente d'inverno: "Soli d'inverno è cosa da morire! / Mentre a primavera c'è compagno il sol!". Eppure Mimì e Rodolfo ci provano, a lasciarsi: la ragazza intona un'aria dolcissima, colma di ricordi e di nostalgia, che inizia evocando il momento del loro incontro ("D'onde lieta uscì / al tuo grido d'amore, / torna sola Mimì / al solitario nido"), già con una metafora legata alla natura (l'uccello che torna al nido), e prosegue cercando di farsi pragmatica ("Le poche robe aduna che lasciai sparse..."). Ma il richiamo agli oggetti, ai luoghi e ai ricordi che li hanno uniti, a partire da quella cuffietta rosa che ha un po' simboleggiato il loro amore, ha un effetto troppo forte sul cuore di entrambi. Nonostante la risoluzione che mostrava poco prima, Rodolfo pare subito cambiare idea: "Dunque è proprio finita?", chiede con apprensione alla fanciulla, sperando che lei dica di no.





«D’onde lieta uscì» è il primo saggio completo di "musica della memoria" nella Bohème: la linea vocale si snoda sul tema di Mimì nella prima sezione, nella seconda («Ascolta, ascolta») la melodia è contrappuntata da echi del Quartiere latino e della prima aria, nelle due sezioni che evocavano gli aspetti più semplici della sua personalità – «Sola mi fo il pranzo da me stessa» e «Mi piaccion quelle cose», uno spunto che risentiremo ancora in un momento chiave del finale. [...] I tre temi richiamati in queste poche battute ci mostrano come Mimì viva già nel ricordo, e solo nell’ultima sezione la voce s’innalza in uno slancio lirico appassionato («Se vuoi»), ma è un’impennata che si spegne in un sussurro presago della fine: la cuffietta, quotidiano pegno d’amore, è quasi come il ritratto che nella "Traviata" Violetta porge ad Alfredo prima di morire. Guardiamo con maggiore attenzione a questo oggetto che ricompare ora, dopo aver scoperto una delle tante esche emotive che la musica è nascostamente in grado di offrire alla nostra sensibilità. Puccini passa enarmonicamente dalla tonalità di Re, in cui venivano ricordati i precedenti oggetti, a La: la rottura è lieve, ma suggerisce il senso di un’esitazione, come di chi rammenti improvvisamente qualcosa. Mimì menziona la cuffietta con la frase che aveva usato nel quadro precedente; questo motivo futile che ripiega su se stesso, perfetta traduzione in musica della lingua di tutti i giorni, prepara e amplifica lo slancio melodico che proietta verso l’acuto la voce del soprano. Un gesto di puro lirismo che segna la momentanea rottura del quotidiano. [...] Da questo momento l’oggetto, e insieme a lui l’emozione che genera il suo ricordo, è fissato per sempre nella nostra memoria, proprio perchè non lo vediamo, ma udiamo quale passione possa scatenare grazie a quella frasettina associata in un unico afflato a un’estesa, emozionante melodia.
(Michele Girardi)

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MIMÌ
(affettuosamente)
D'onde lieta uscì
al tuo grido d'amore,
torna sola Mimì
al solitario nido.
Ritorna un'altra volta
a intesser finti fior.
Addio, senza rancor.
- Ascolta, ascolta.
Le poche robe aduna che lasciai
sparse. Nel mio cassetto
stan chiusi quel cerchietto
d'or e il libro di preghiere.
Involgi tutto quanto in un grembiale
e manderò il portiere...
- Bada, sotto il guanciale
c'è la cuffietta rosa.
Se... vuoi... serbarla a ricordo d'amor!...
Addio, senza rancor.




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