18 aprile 2016

La Bohème (12) - "Quando men vo"

Scritto da Christian

Il brano che più caratterizza Musetta è una romanza, cantata in tempo di valzer lento, con cui la ragazza si pavoneggia della propria bellezza e dell'effetto che essa fa sugli uomini, dandole una sensazione di piacere. Tale vanteria nasconde in realtà un messaggio rivolto a Marcello, che ella spera di riconquistare, provocandone la gelosia. Il brano è accompagnato da una serie di pertichini (ovvero interventi di altre voci) da parte di Marcello, Alcindoro e Mimì, che commentano la situazione e che contribuiscono, drammaturgicamente parlando, a "creare un collegamento tra la dimensione lirica del brano e il realismo dell'azione". Nelle battute finali, Musetta si rivolge direttamente a Marcello, dandogli del tu.

Inutilmente Marcello prova a resistere alla seduzione di Musetta: nonostante le sue parole astiose, infatti, la ama ancora. E la cosa è reciproca ("Io vedo ben / ell'è invaghita di Marcello!", commenta Mimì). Dopo altri capricci e provocazioni ad arte, allontanato Alcindoro con una scusa (Musetta finge di avere dolore al piede, e lo manda da un calzolaio a comprare un altro paio di scarpe), i due amanti possono finalmente abbracciarsi. "Siamo all'ultima scena!", commenta Schaunard, proseguendo nel suo paragone con una commedia il cui finale era già noto a tutti.

Il quadro si conclude con l'ennesima gag. All'arrivo del conto ("Così presto?" – "Chi l'ha richiesto?"), i nostri amici si accorgono con sconcerto di non avere il denaro necessario ("Portano le mani alle tasche: sono vuote: nessuno sa spiegarsi la rapida scomparsa degli scudi di Schaunard, sorpresi si guardano l'un l'altro": i bohémiens non sono mai destinati a permanere in uno stato di agio). Per fortuna Musetta ha una pensata, e prima di allontanarsi con gli amici intima al cameriere di sommare il loro conto con quello del tavolo di Alcindoro, che quando tornerà si troverà abbandonato e... con un doppio conto da pagare. Si termina sulle note di un tamburo militare che batte la "Ritirata", con i soldati che attraversano la scena e i nostri protagonisti che, felici, si allontanano a loro volta "a passo di marcia". Sarà uno dei pochi e ultimi momenti trascorsi felici tutti insieme.

L’episodio di Musetta e del suo riavvicinamento a Marcello, a differenza dell’incontro tra Rodolfo e Mimì, non comporta una vera e propria divisione del quadro in due metà ma s’inserisce fluidamente nel contesto della scena concertata. Puccini piegò con estrema abilità un materiale melodico piuttosto omogeneo a varie funzioni. Dal tema mosso, che si ode nel momento in cui la ragazza fa il suo ingresso, ricavò la capricciosa melodia che ne caratterizza la frivolezza, destinata a ricomparire più volte in stretta relazione con le parole con cui Musetta la intona («Voglio fare il mio piacere»), mentre dedicò una variante per tratteggiare l’ansimante Alcindoro, quasi fosse un’appendice di lei. Sui due temi, l’uno dei quali trapassa nell’altro senza soluzione di continuità, Puccini basò le sezioni dialogiche, mentre fermò l’azione ponendo al centro il sensuale valzer lento tripartito «Quando men vo soletta», usato come musica di scena: Musetta intona una vera canzone per sedurre il suo uomo. [...] Davvero impossibile resistere più a lungo a tanta grazia, e dopo l’ironico concertato, Marcello riprende la melodia della ragazza, doppiato dall’orchestra al massimo volume, con la sonorità che poi passa di colpo al più che pianissimo: un coordinamento magistrale fra i tempi drammatici sullo spazio scenico diviso, che porta la seconda coppia a ricongiungersi in un abbraccio, ma sempre con un distacco ironico da parte dell’autore, che trova voce nel disincantato commento di Schaunard («Siamo all’ultima scena!»). Su questo soffuso clima sonoro s’innesta il suono della banda proveniente dalle quinte di destra: il concreto richiamo degli ottoni che attraversano il palcoscenico, una «ritirata francese», scuote presenti e spettatori dallo statico incanto dell’idillio di un attimo. Come di consueto, nella coda Puccini applica il principio della reminiscenza, e al tema principale affidato alla banda sovrappone i temi che ricordano le varie azioni precedenti: quello di Schaunard quando il musicista si rovescia invano le tasche per trovare i quattrini per pagare il conto, quello dell’entrata di Musetta, la principale trasformazione del tema del Quartiere latino, infine la fragorosa ripresa della fanfara delle tre trombe, sigla sonora dell’intero quadro. A proposito di quest’ultima, è difficile pensare che Stravinskij non l’avesse in mente quando scrisse la musica della prima parte di Petruska.
(Michele Girardi)

Clicca qui per il testo.

MUSETTA
(sempre seduta dirigendosi intenzionalmente a Marcello, il quale comincia ad agitarsi)
Quando men vo soletta per la via,
la gente sosta e mira
e la bellezza mia tutta ricerca in me
da capo a pie'...

MARCELLO
(agli amici, con voce soffocata)
Legatemi alla seggiola!

ALCINDORO
(sulle spine)
Quella gente che dirà?

MUSETTA
...ed assaporo allor la bramosia
sottil, che da gli occhi traspira
e dai palesi vezzi intender sa
alle occulte beltà.
Così l'effluvio del desìo tutta m'aggira,
felice mi fa!

ALCINDORO
(si avvicina a Musetta, cercando di farla tacere)
(Quel canto scurrile
mi muove la bile!)

MUSETTA
E tu che sai, che memori e ti struggi
da me tanto rifuggi?
So ben: le angoscie tue non le vuoi dir,
ma ti senti morir!

MIMÌ
(a Rodolfo)
Io vedo ben...
che quella poveretta,
tutta invaghita di Marcel,
tutta invaghita ell'è!

(Schaunard e Colline si alzano e si portano da un lato, osservando la scena con curiosità, mentre Rodolfo e Mimì rimangon soli, seduti, parlandosi con tenerezza. Marcello, sempre più nervoso ha lasciato il suo posto, vorrebbe andarsene, ma non sa resistere alla voce di Musetta.)

ALCINDORO
Quella gente che dirà?

RODOLFO
(a Mimì)
Marcello un dì l'amò.

SCHAUNARD
Ah, Marcello cederà!

COLLINE
Chi sa mai quel che avverrà!

RODOLFO
(a Mimì)
La fraschetta l'abbandonò
per poi darsi a miglior vita.

(Alcindoro tenta inutilmente di persuadere Musetta a riprendere posto alla tavola, ove la cena è già pronta.)

SCHAUNARD
Trovan dolce al pari il laccio...

COLLINE
Santi numi, in simil briga...

SCHAUNARD
...chi lo tende e chi ci dà.

COLLINE
...mai Colline intopperà!

MUSETTA
(Ah! Marcello smania...)

ALCINDORO
Parla pian!
Zitta, zitta!

MUSETTA
(Marcello è vinto!)
Sò ben le angoscie tue
non le vuoi dir.
Ah! ma ti senti morir.

ALCINDORO
Modi, garbo!
Zitta, zitta!

MUSETTA
(ad Alcindoro, ribellandosi)
Io voglio fare il mio piacere!
Voglio far quel che mi par,
non seccar! non seccar!

MIMÌ
Quell'infelice
mi muove a pietà!

COLLINE
(Essa è bella, io non son cieco,
ma piaccionmi assai più
una pipa e un testo greco!)

MIMÌ
(stringendosi a Rodolfo)
T'amo!
Quell'infelice mi muove a pietà!
L'amor ingeneroso è tristo amor!
Quell'infelice mi muove a pietà!

RODOLFO
(cingendo Mimì alla vita)
Mimì!
È fiacco amor quel che le offese
vendicar non sa!
Non risorge spento amor!

SCHAUNARD
(Quel bravaccio a momenti cederà!
Stupenda è la commedia!
Marcello cederà!)
(a Colline)
Se tal vaga persona,
ti trattasse a tu per tu,
la tua scienza brontolona
manderesti a Belzebù!

MUSETTA
(Or convien liberarsi del vecchio!)
(simulando un forte dolore ad un piede, va di nuovo a sedersi)
Ahi!

ALCINDORO
Che c'è?

MUSETTA
Qual dolore, qual bruciore!

ALCINDORO
Dove?

MUSETTA
(mostrando il piede con civetteria)
Al pie'!
(Alcindoro si china per slacciare la scarpa a Musetta)
Sciogli, slaccia, rompi, straccia!
Te ne imploro...
Laggiù c'è un calzolaio.

ALCINDORO
Imprudente!

MARCELLO
(commosso sommamente, avanzandosi)
Gioventù mia,
tu non sei morta,
né di te morto è il sovvenir!

SCHAUNARD E COLLINE, POI RODOLFO
La commedia è stupenda!

MARCELLO
Se tu battessi alla mia porta,
t'andrebbe il mio core ad aprir!

MUSETTA
Corri presto!
Ne vòglio un altro paio.
Ahi! che fitta,
maledetta scarpa stretta!

ALCINDORO
Quella gente che dirà?

MUSETTA
Or la levo...
(si leva la scarpa e la pone sul tavolo)

ALCINDORO
(cercando di trattenere Musetta)
Ma il mio grado!

MUSETTA
Eccola qua.

MIMÌ
Io vedo ben,
ell'è invaghita di Marcello!

ALCINDORO
Vuoi ch'io comprometta?
Aspetta! Musetta! Vo'.
(nasconde prontamente nel gilet la scarpa di Musetta, poi si abbottona l'abito)

MUSETTA
(impazientandosi)
Corri, va, corri.
Presto, va! va!

(Alcindoro va via frettolosamente. Musetta e Marcello si abbracciano con grande entusiasmo.)

MUSETTA
Marcello!

MARCELLO
Sirena!

SCHAUNARD
Siamo all'ultima scena!

(Un cameriere porta il conto.)

RODOLFO, SCHAUNARD E COLLINE
(con sorpresa alzandosi assieme a Mimì)
Il conto?

SCHAUNARD
Così presto?

COLLINE
Chi l'ha richiesto?

SCHAUNARD
Vediam!
(dopo guardato il conto, lo passa agli amici)

RODOLFO E COLLINE
(osservando il conto)
Caro!

(Lontanissima si ode la Ritirata militare che a poco a poco va avvicinandosi.)

MONELLI
(accorrendo da destra)
La Ritirata!

SARTINE E STUDENTI
(sortono frettolosamente dal Caffè Momus)
La Ritirata!

COLLINE, SCHAUNARD E RODOLFO
(tastandosi le tasche vuote)
Fuori il danaro!

SCHAUNARD
Colline, Rodolfo e tu
Marcel?

MARCELLO
Siamo all'asciutto.

SCHAUNARD
Come?

RODOLFO
Ho trenta soldi in tutto!

COLLINE, SCHAUNARD E MARCELLO
(allibiti)
Come? Non ce n'è più?

SCHAUNARD
(terribile)
Ma il mio tesoro ov'è?

(Portano le mani alle tasche: sono vuote: nessuno sa spiegarsi la rapida scomparsa degli scudi di Schaunard. Sorpresi, si guardano l'un l'altro.)

MUSETTA
(al cameriere)
Il mio conto date a me.
(al cameriere che le mostra il conto)
Bene!
Presto, sommate
quello con questo!
(Il cameriere unisce i due conti e ne fa la somma.)
Paga il signor che stava qui con me!

RODOLFO, MARCELLO, SCHAUNARD E COLLINE
(fra lor comicamente, accennando dalla parte dove è andato Alcindoro)
Paga il signor!

COLLINE
Paga il signor!

SCHAUNARD
Paga il signor!

MARCELLO
...il Signor!

MUSETTA
(ricevuti i due conti dal cameriere li pone sul tavolo al posto di Alcindoro)
E dove s'è seduto
ritrovi il mio saluto!

RODOLFO, MARCELLO, SCHAUNARD E COLLINE
E dove s'è seduto
ritrovi il suo saluto!

(Accorrendo da sinistra, la Ritirata essendo ancor lontana, la gente corre da un lato all'altro della scena guardando da quale via s'avanzano i militari.)

BORGHESI
La Ritirata!

MONELLI
S'avvicina per di qua!?
(cercando di orientarsi)

SARTINE E STUDENTI
No, di là!

MONELLI
(indecisi, indicando il lato opposto)
S'avvicinan per di là!

SARTINE E STUDENTI
Vien di qua!

(Si aprono varie finestre, appaiono a queste e sui balconi mamme coi loro ragazzi ed ansiosamente guardano da dove arriva la Ritirata.)

BORGHESI E VENDITORI
(irrompono dal fondo facendosi strada tra la folla)
Largo! Largo!

ALCUNI RAGAZZI
(dalle finestre)
Voglio veder! Voglio sentir!
Mamma, voglio veder!
Papà, voglio sentir!
Vo' veder la Ritirata!

ALCUNE MAMME
(dalle finestre)
Lisetta, vuoi tacer?
Tonio, la vuoi finir?
Vuoi tacer, la vuoi finir?

(La folla ha invaso tutta la scena, la Ritirata si avvicina sempre più dalla sinistra.)

SARTINE E BORGHESI
S'avvicinano di qua!

LA FOLLA E I VENDITORI
Sì, di qua!

MONELLI
Come sarà arrivata
la seguiremo al passo!

MARCELLO
Giunge la Ritirata!

MARCELLO E COLLINE
Che il vecchio non ci veda
fuggir colla sua preda!

MARCELLO, SCHAUNARD E COLLINE
Quella folla serrata
il nascondiglio appresti!

MIMÌ, MUSETTA, RODOLFO, MARCELLO, SCHAUNARD E COLLINE
Lesti, lesti, lesti!

VENDITORI
(dopo aver chiuso le botteghe, vengono in strada)
In quel rullio tu senti
la patria maestà!

(Tutti guardano verso sinistra, la Ritirata sta per sbucare nel crocicchio, allora la folla si ritira e dividendosi forma due ali da sinistra al fondo a destra, mentre gli amici - con Musetta e Mimì - fanno gruppo a parte presso il caffè.)

LA FOLLA
Largo, largo, eccoli qua!
In fila!

(La ritirata Militare entra da sinistra, la precede un gigantesco Tamburo Maggiore, che maneggia con destrezza e solennità la sua Canna di Comando, indicando la via da percorrere.)

LA FOLLA E I VENDITORI
Ecco il Tambur Maggior!
Più fier d'un antico guerrier!
Il Tamburo Maggior! Gli Zappator, olà!
La Ritirata è qua!
Eccolo là! Il bel Tambur Maggior!
La canna d'ôr, tutto splendor!
Che guarda, passa, va!

(La Ritirata attraversa la scena, dirigendosi verso il fondo a destra. Musetta non potendo camminare perché ha un solo piede calzato, è alzata a braccia da Marcello e Colline che rompono le fila degli astanti, per seguire la Ritirata; la folla vedendo Musetta portata trionfalmente, ne prende pretesto per farle clamorose ovazioni. Marcello e Colline con Musetta si mettono in coda alla Ritirata, li seguono Rodolfo e Mimì a braccetto e Schaunard col suo corno imboccato, poi studenti e sartine saltellando allegramente, poi ragazzi, borghesi, donne che prendono il passo di marcia. Tutta questa folla si allontana dal fondo seguendo la Ritirata militare.)

RODOLFO, MARCELLO, SCHAUNARD E COLLINE
Viva Musetta!
Cuor birichin!
Gloria ed onor,
onor e gloria
del quartier latin!

LA FOLLA E I VENDITORI
Tutto splendor!
Di Francia è il più bell'uom!
Il bel Tambur Maggior
Eccolo là!
Che guarda, passa; va!

(Grido della folla, dall'interno. Intanto Alcindoro con un paio di scarpe bene incartocciate ritorna verso il Caffè Momus cercando di Musetta; il cameriere, che è presso al tavolo, prende il conto lasciato da questa e cerimoniosamente lo presenta ad Alcindoro, il quale vedendo la somma, non trovando più alcuno, cade su di una sedia, stupefatto, allibito.)




Maralin Niska (Musetta),
Luciano Pavarotti (Rodolfo), Renata Scotto (Mimì), Ingvar Wixell (Marcello),
Paul Plishka (Colline), Allan Monk (Schaunard), Andrea Velis (Alcindoro)
dir: James Levine (1977)


Anna Moffo


Anna Netrebko


Mirella Freni


Laura Giordano


Maria Callas

Renata Tebaldi


Il valzer di Musetta, "Quando men vo", uno dei brani più noti de "La Bohème", ha un'origine complessa:
Il brano nacque come Piccolo Valzer per pianoforte in Mi maggiore, composto all'inizio di settembre del 1894 e destinato alla cerimonia di consegna della bandiera di combattimento per la nave da guerra "Re Umberto", che ebbe luogo a Sestri Ponente quello stesso mese. Secondo Mosco Carner, «Puccini ne ebbe l'idea un giorno ch'era a caccia sul suo amato Lago di Massaciuccoli, nella barca dolcemente cullata dalle onde.» Nel frattempo egli stava lavorando alla Bohème e, intenzionato ad adattare il motivo al valzer di Musetta, inviò come traccia al librettista Giuseppe Giacosa il verso "Coccoricò, coccoricò bistecca", dal cui ritmo nacque l'incipit "Quando men vo, quando men vo soletta". Se il metodo di inviare versi maccheronici ai librettisti come traccia metrica rientra nelle consuetudini pucciniane, può sorprendere l'abbinamento tra la musica, languida e seducente, e la cerimonia militare alla quale fu destinata la sua versione pianistica; a meno di non leggere la scelta del compositore come una presa di distanza, garbatamente ironica, rispetto ad una dimensione culturale che non gli apparteneva. Nell'opera il brano conservò la tonalità di Mi maggiore e si arricchì di nuove sfumature agogiche, con ben 25 variazioni di movimento in 47 battute. Tale duttilità accresce il tono sensuale di una melodia il cui incipit è già caratterizzato in questa direzione dal movimento cromatico discendente e dall'insolito abbinamento tra una prima semifrase («quando men vo») a valori lunghissimi e una seconda a valori brevi («quando men vo soletta per la via»).
(da Wikipedia)

versione per piano (Arturo Benedetti Michelangeli)
con immagini d'epoca di Puccini nella sua villa di Torre del Lago

2 commenti:

Marisa ha detto...

"...ed assaporo allor la bramosia
sottil, che da gli occhi traspira
e dai palesi vezzi intender sa
alle occulte beltà.
Così l'effluvio del desìo tutta m'aggira,
felice mi fa!"
Queste parole sono l'esatto manifesto di Carmen, il bisogno assoluto di sentirsi al centro del desiderio degli uomini, ma quello che in Musetta è solo una civetteria per riconquistare Marcello, in Carmen il bisogno di continue conquiste e il soddisfare solo la pulsione del piacere diventerà vera tragedia.


Christian ha detto...

Quando tratteremo la "Carmen" approfondiremo la cosa! ˆˆ