26 gennaio 2016

Lohengrin (15) - La trasgressione

Scritto da Marisa

Da sempre sappiamo che quando una storia inizia con un divieto, prima o poi ci sarà la trasgressione. Non tutte le trasgressioni sono però uguali o hanno le stesse conseguenze. Alcune sono dettate – anche se inconsciamente – dal narcisismo, dal non voler sottostare a regole che vengono percepite come restrittive alla dignità dell'io, alla propria autodeterminazione e libertà, se non a un vero e proprio senso di onnipotenza. Il bisogno di distinguersi dal gregge attraverso la disobbedienza porta spesso a diventare un "bastian contrario”, l'elemento di disturbo che spesso coincide, quando si innestano elementi più profondi e antichi di rabbia repressa, con un vero e proprio disturbo della personalità, quella situazione ben nota in psicopatologia come caratteropatia o personalità borderline e che spesso sfocia in micro o macro criminalità. Ma a volte (anche se non è sempre facile distinguere i vari casi, perché la psiche è complessa e porta sempre in sé tutti gli elementi e le contraddizioni) prevalgono motivazioni e spinte pulsionali vitali che tendono ad opporsi a una situazione basata su un'organizzazione famigliare o sociale ormai stantia e retrograda, da superare e rinnovare. La contestazione giovanile, ad esempio, è mossa in gran parte proprio dal bisogno di scrollarsi di dosso un sistema vecchio e ormai obsoleto in nome della creatività e di un rinnovamento: il bisogno di una vera rinascita dunque! Tutte le autentiche rivoluzioni sono trasgressioni violente e irreversibili contro vecchi regimi in nome della speranza in un ordine migliore ("Liberté, égalité, fraternité!") e in una “nuova primavera”. Purtroppo poi le cose si complicano e i bagni di sangue a volta diventano inarrestabili (ybris o contraccolpi della fortuna?). Ma per quanto difficili siano a volte le conseguenze, pian piano il nuovo sviluppo prevale e lo slancio e la speranza del nuovo portano allo sviluppo della civiltà, anche se da ottenere a qualsiasi costo.

Il modello nascosto del bisogno e "necessità" di trasgredire per andare oltre è esemplificato dalle trasgressioni mitiche, che hanno una radice archetipica, disobbedienze che segnano una svolta della coscienza, veri e propri spartiacque degli stadi di maturazione. La Genesi inizia così, e significativamente il divieto è posto sul “gustare” i frutti dell'albero della conoscenza; “conoscenza” che porta a quell'acquisizione – tanto preziosa, ma anche tanto problematica e tragica – del bene e del male cui è legato il concetto di responsabilità, in definitiva alla coscienza etica che è la vera discriminante tra il bambino e l'adulto. Proprio di questa iniziale trasgressione possiamo cogliere il doppio significato: colpa e conoscenza, perdita dell'innocenza e nuovo sviluppo. Non si può cioè ottenere niente se non si sacrifica e si rinuncia a qualcosa (“se il granello non muore non dà frutto”!). Si esce dallo stadio infantile in cui tutto viene dato per scontato e si varca quella soglia irreversibile (gli angeli con la spada di fuoco a guardia del non ritorno) della coscienza adulta basata sullo sviluppo del sapere, ormai irrinunciabile ma sempre intrisa da un sotterraneo senso di colpa, colorata dalla scoperta della sessualità non più innocente e intimamente legata al desiderio di conquista di un altrove, un diverso, un lontano... ma che paradossalmente rimanda alla ricerca di sé stessi, dell'unità perduta, la completezza paradisiaca che si immagina di poter ritrovare nell'amore.

In tutte le mitologie campeggiano figure di eroi che infrangono le regole, l'ordine costituito, il vecchio sistema di valori e, con la loro impresa, inaugurano un novo regno, un nuovo corso, una nuova coscienza. La natura stessa dell'eroe è radicata nella trasgressione (nascita illegittima, espulsione dal gruppo sociale, scampato infanticidio...) e segnata da essa. Le sue vittorie, conquiste fondamentali per l'umanità, sono sentite dalla sensibilità mitica come veri e propri furti al divino. Prometeo ne rimane il prototipo e, rubando il fuoco agli dei per portarlo agli uomini, inaugura la lunga storia della tecnologia, sentita ambivalentemente come scoperta e furto carpito con violenza ai segreti della natura, grande possibilità e colpa da espiare. Ogni conquista scientifica conserva, agli occhi di chi vuol vedere, questa fondamentale bipolarità, con la sua possibilità di grande aiuto per il progresso e il contemporaneo e sempre presente pericolo di essere usata male e in definitiva accelerare la distruzione del genere umano, o almeno la sua degradazione a livello etico (la colpa, dunque!).

Ma torniamo alla trasgressione di Elsa. Come leggerla? A quale tipo appartiene? Nel primo atto abbiamo visto Elsa, all'apparire del cavaliere salvatore, completamente rapita da lui e in lui, già consegnata “anima e corpo”, tanto che la promessa di non chiedergli mai il nome e la stirpe sembra un dettaglio insignificante, quasi un'offesa a tanto amore e fede che non hanno di sicuro bisogno di conoscere alcun nome. La richiesta di compiere il giuramento le deve essere ripetuta ben due volte, tanto sembra che Elsa, totalmente in estasi, nemmeno comprenda bene di che si tratta. Che bisogno ha del nome una visione già di per sé così appagante e completamente corrispondente al proprio sogno? Nel secondo atto abbiamo però visto come Ortruda lavori insidiosamente su tale fede cieca. Ed ora, nel terzo atto, assistiamo al compimento ineluttabile del dramma.

Se alle parole orgogliose di Ortruda, che rivendicava la priorità di ingresso in chiesa in quanto donna che conosce bene il nome e il ruolo del marito, Elsa – pur turbata – aveva risposto difendendo il segreto del cavaliere e quindi aveva del tutto vinta la tentazione sul piano della dignità e dell'orgoglio, ora, nell'intimità, il veleno inculcato comincia a fare effetto e rivela il vero punto debole della ragazza: non l'orgoglio ma l'insicurezza di poter essere amata veramente, il senso di inferiorità rispetto a tanto amante.

La scena è mirabilmente costruita, sia musicalmente che letterariamente, su variazioni spettacolari che, dal dolcissimo inizio in cui lei ribadisce la propria completa felicità nella sottomissione e nel desiderio di liquefarsi di fronte a lui (“simile ad un ruscello intorno al tuo piede scorrere”), si passa progressivamente e quasi senza accorgersi ad un confronto sempre più serrato in cui prima Elsa cerca di ottenere la conoscenza del nome in virtù di una reciprocità amorosa (“Come dolce il mio nome sfugge alle tue labbra. / Non mi concederai il dolce suono del tuo? / Soltanto quando ci ritiriamo in amoroso silenzio”) e poi si fa strada il desiderio di essere veramente alla pari anche sul piano del pericolo e dell'eroismo... (“Ah! s'io potessi degna di te apparire / non soltanto dovessi io di fronte a te perdermi; / potesse un servigio a te congiungermi, / potessi io vedermi in angustie per te! / Come tu mi trovasti sotto grave accusa, / ah! così io sapessi anche te in pericolo; / per tollerare coraggiosamente un travaglio, / così io conoscessi un affanno che ti minaccia!“).

Stiamo assistendo ad una crescita vertiginosa della coscienza di Elsa, l'irrinunciabile diritto alla pari dignità e la rivendicazione di essere in grado di mostrare lo stesso coraggio! Non più la donna debole che deve essere sempre protetta e dalla fragile moralità che la rende inaffidabile a mantenere un segreto pericoloso (in fondo amata molto anche per queste debolezze, che destano tenerezza come di fronte a un bambino e che rinforzano il narcisismo maschile facendolo sentire sempre più forte e magnanimo...), ma la compagna che vuole veramente condividere gioie e dolori, estasi e sacrificio. Non si tratta per niente di un capriccio, e sbaglia chi vede in questa progressiva richiesta solo un indebolimento dell'amore di Elsa che non si affida più al sublime sentimento come le richiede Lohengrin, che invece conosce bene il nome dell'amata e tutta la sua situazione.

Il parossismo con la classica goccia che fa traboccare il vaso si raggiunge quando il cavaliere, credendo di rassicurare Elsa, scatena un'angoscia maggiore che rende non più rinviabile la richiesta. Alludere al mondo di assoluto splendore da cui proviene conferma la peggiore paura di Elsa: quella di perdere presto il proprio sposo perché quello che può offrirgli lei, una semplice donna, pur con tutto il suo amore smisurato, non potrà mai eguagliare tanto splendore e tanta sublime altezza! Presto lui, una volta saziato il desiderio di amore umano, verrà preso dalla nostalgia e desidererà ritornare al mondo da cui è venuto: quello della gloria. Come darle torto quando conosciamo benissimo come inevitabilmente qualsiasi amore, anche se inizia nel modo più appassionato e totalmente sincero, non può non uscire prima o poi dalla fase di innamoramento cieco e costruirsi – se vuol sopravvivere – su altre basi, sulla reciproca fiducia e conoscenza anche delle parti negative che bisogna imparare ad accettare e rispettare, proprio quello che Elsa sta chiedendo?

L'analogia della trasgressione di Psiche con quella di Elsa è palese. E proprio qui, dove le due storie si sovrappongono, si manifesta esemplarmente ancora una volta la sostanziale ed importantissima diversità nel comportamento delle due eroine. Mentre Psiche agisce in prima persona per scoprire l'identità dello sposo misterioso e, armata di coltello e lucerna, è decisa a tutto pur di raggiungere lo scopo, Elsa, pur uscendo dalla passività più assoluta, può solo chiedere a lui di rivelarsi. Ancora una volta si conferma l'impossibilità della donna all'azione, cosa riservata – nel mondo ormai cristianizzato – soltanto all'uomo. Bisognerà aspettare il diciannovesimo secolo perché, con la crescente laicizzazione della cultura, si risvegli la coscienza e il bisogno da parte della donna di rivendicare diritti e doveri pari a quelli dell'uomo!

Come vedremo, anche le conseguenze delle due modalità saranno ovviamente diverse.

Clicca qui per il testo.

LOHENGRIN
Das süsse Lied verhallt; wir sind allein,
zum erstenmal allein, seit wir uns sahn.
Nun sollen wir der Welt entronnen sein,
kein Lauscher darf des Herzens Grüssen nahn.
Elsa, mein Weib! Du süsse, reine Braut!
Ob glücklich du, das sei mir jetzt vertraut!

ELSA
Wie wär ich kalt, mich glücklich nur zu nennen,
besitz ich aller Himmel Seligkeit!
Fühl ich zu dir so süss mein Herz entbrennen,
atme ich Wonnen, die nur Gott verleiht.

LOHENGRIN
(feurig)
Vermagst du, Holde, glücklich dich zu nennen,
gibst du auch mir des Himmels Seligkeit!
(zärtlich)
Fühl ich zu dir so süss mein Herz entbrennen,
atme ich Wonnen, die nur Gott verleiht; -
Wie hehr erkenn ich unsrer Liebe Wesen!
Die nie sich sahn, wir hatten uns geahnt;
war ich zu deinem Streiter auserlesen,
hat Liebe mir zu dir den Weg gebahnt:
Dein Auge sagte mir dich rein von Schuld -
mich zwang dein Blick, zu dienen deiner Huld.

ELSA
Doch ich zuvor schon hatte dich gesehen,
in sel'gem Traume warst du mir genaht;
als ich nun wachend dich sah vor mir stehen,
erkannt ich, dass du kamst auf Gottes Rat.
Da wollte ich vor deinem Blick zerfliessen,
gleich einem Bach umwinden deinen Schritt,
gleich einer Blume duftend auf der Wiesen,
wollt ich entzückt mich beugen deinem Tritt.
Ist dies nur Liebe? - Wie soll ich es nennen,
dies Wort, so unaussprechlich wonnevoll,
wie ach! dein Name - den ich nie darf kennen,
bei dem ich nie mein Höchstes nennen soll!

LOHENGRIN
(schmeichelnd)
Elsa!

ELSA
Wie süss mein Name deinem Mund entgleitet!
(etwas zögernd)
Gönnst du des deinen holden Klang mir nicht?
Nur, wenn zur Liebesstille wir geleitet,
sollst du gestatten, dass mein Mund ihn spricht.

LOHENGRIN
Mein süsses Weib!

ELSA
- Einsam, wenn niemand wacht;
nie sei der Welt er zu Gehör gebracht!

LOHENGRIN
(sie freundlich umfassend und durch
das offene Fenster auf den
Blumengarten deutend
)
Atmest du nicht mit mir die süssen Düfte?
O wie so hold berauschen sie den Sinn!
Geheimnisvoll sie nahen durch die Lüfte,
fraglos geb ihrem Zauber ich mich hin. -
(mit erhobener Stimme)
So ist der Zauber, der mich dir verbunden,
da als ich zuerst, du Süsse, dich ersah;
nicht deine Art ich brauchte zu erkunden,
dich sah mein Aug, - mein Herz begriff dich da.
Wie mir die Düfte hold den Sinn berücken,
nahn sie mir gleich aus rätselvoller Nacht: -
(feurig)
So deine Reine musste mich entzücken,
traf ich dich auch in schwerer Schuld Verdacht.

(Elsa birgt ihre Beschämung, indem sie sich demütig an ihn schmiegt.)

ELSA
Ach, könnt ich deiner wert erscheinen,
müsst ich vor dir nicht bloss vergehn;
könnt ein Verdienst mich dir vereinen,
dürft ich in Pein für dich mich sehn!
Wie du mich trafst vor schwerer Klage,
o wüsste ich auch dich in Not;
dass mutvoll ich ein Mühen trage,
kennt ich ein Sorgen, das dir droht! -
Wär das Geheimnis so geartet,
das aller Welt verschweigt dein Mund?
(immer geheimnisvoller)
Vielleicht, dass Unheil dich erwartet,
würd aller Welt es offen kund?
Wär es so und dürft ich's wissen,
dürft ich in meiner Macht es sehn,
durch keines Droh'n sei mir's entrissen,
für dich wollt' ich zu Tode gehn!

LOHENGRIN
Geliebte!

ELSA
(immer leidenschaftlicher)
O, mach mich stolz durch dein Vertrauen,
dass ich in Unwert nicht vergeh!
Lass dein Geheimnis mich erschauen,
dass, wer du bist, ich offen seh!

LOHENGRIN
Ach, schweige, Elsa!

ELSA
(immer drängender)
Meiner Treue
enthülle deines Adels Wert!
Woher du kamst, sag ohne Reue, -
durch mich sei Schweigens Kraft bewährt!

LOHENGRIN
(streng und ernst einige Schritte
zurücktretend
)
Höchstes Vertraun hast du mir schon zu danken,
da deinem Schwur ich Glauben gern gewährt;
wirst nimmer du vor dem Gebote wanken,
hoch über alle Fraun dünkst du mich wert!
(er wendet sich schnell wieder
liebevoll zu Elsa
)
An meine Brust, du Süsse, Reine!
Sei meines Herzens Glühen nah,
dass mich dein Auge sanft bescheine,
in dem ich all mein Glück ersah!
(feurig)
O gönne mir, dass mit Entzücken
ich deinen Atem sauge ein:
lass fest, ach! fest an mich dich drücken,
dass ich in dir mög glücklich sein!
Dein Lieben muss mir hoch entgelten
für das, was ich um dich verliess;
kein Los in Gottes weiten Welten
wohl edler als das meine hiess.
Böt mir der König seine Krone,
ich dürfte sie mit Recht verschmähn.
Das einz'ge, was mein Opfer lohne,
muss ich in deiner Lieb ersehn!
Drum wolle stets den Zweifel meiden,
dein Lieben sei mein stolz Gewähr!
Denn nicht komm ich aus Nacht und Leiden,
aus Glanz und Wonne komm ich her!

ELSA
Hilf Gott, was muss ich hören!
Welch Zeugnis gab dein Mund!
Du wolltest mich betören,
nun wird mir Jammer kund!
Das Loos, dem du entronnen,
es war dein höchstes Glück;
du kamst zu mir aus Wonnen
und sehnest dich zurück!
Wie soll ich Ärmste glauben,
dir g'nüge meine Treu?
Ein Tag wird dich mir rauben
durch deiner Liebe Reu!

LOHENGRIN
Halt ein, dich so zu quälen!

ELSA
Was quälest du mich doch!
Soll ich die Tage zählen,
die du mir bleibest noch?
In Sorg um dein Verweilen
verblüht die Wange mir, -
dann wirst du mir enteilen,
im Elend bleib ich hier!

LOHENGRIN
(lebhaft)
Nie soll dein Reiz entschwinden,
bleibst du von Zweifel rein!

ELSA
Ach, dich an mich zu binden,
wie sollt ich mächtig sein?
Voll Zauber ist dein Wesen,
durch Wunder kamst du her; -
wie sollt ich da genesen,
wo fänd ich dein Gewähr? -
(Sie schreckt in heftigster Aufregung
zusammen und hält an,
wie um zu lauschen
)
Hörtest du nichts? Vernahmest du kein Kommen?

LOHENGRIN
Elsa!

ELSA
Ach nein!
(vor sich hinstarrend)
Doch dort, - der Schwan - der Schwan!
Dort kommt er auf der Wasserflut geschwommen, -
du rufest ihm, - er zieht herbei den Kahn!

LOHENGRIN
Elsa! Halt ein! Beruh'ge deinen Wahn!

ELSA
Nichts kann mir Ruhe geben,
dem Wahn mich nichts entreisst,
als - gelt es auch mein Leben, -
zu wissen - wer du sei'st!

LOHENGRIN
Elsa, was willst du wagen?

ELSA
Unselig holder Mann,
hör, was ich dich muss fragen!
Den Namen sag mir an!

LOHENGRIN
Halt ein!

ELSA
Woher der Fahrt!

LOHENGRIN
Weh dir!

ELSA
Wie deine Art?

LOHENGRIN
Weh uns, was tatest du!

(Elsa, die vor Lohengrin steht, welcher den Hintergrund im Rücken hat, gewahrt Friedrich und seine vier Genossen, welche mit gezückten Schwertern durch eine hintere Tür hereinbrechen.)

ELSA
(nach einem fürchterlichen Schrei)
Rette dich! Dein Schwert, dein Schwert!

(Sie reicht das am Ruhebett angelegte Schwert hastig Lohengrin, so dass dieser schnell es aus der Scheide, welche sie hält, ziehen kann. Lohengrin streckt Friedrich, welcher nach ihm ausholt, mit einem Streiche tot zu Boden; den entsetzten Edlen entfallen die Schwerter, sie stürzen zu Lohengrins Füssen auf die Knie. Elsa, die sich an Lohengrins Brust geworfen hatte, sinkt ohnmächtig langsam an ihm zu Boden. - Langes Stillschweigen.)

LOHENGRIN
(tief erschüttert,
steht allein aufrecht
)
Weh, nun ist all unser Glück dahin!
(Er neigt sich zu Elsa hinab,
erhebt sie sanft und lehnt
sie auf das Ruhebett
)

ELSA
(matt, die Augen aufschlagend)
Allewiger, erbarm dich mein!

(Der Tag ist in allmählichem Anbruche begriffen; die tiefer herabgebrannten Kerzen drohen zu verlöschen. Auf Lohengrins Zeichen erheben sich die vier Edlen.)

LOHENGRIN
Tragt den Erschlagnen vor des Königs Gericht!

(Die Edlen nehmen die Leiche Friedrichs auf und entfernen sich mit ihr durch eine Tür des Hintergrundes. Lohengrin läutet an einem Glockenzuge; vier Frauen treten von links ein.)

LOHENGRIN
(zu den Frauen)
Sie vor den König zu geleiten,
schmückt Elsa, meine süsse Frau!
Dort will ich Antwort ihr bereiten,
dass sie des Gatten Art erschau.

(Er entfernt sich mit traurig feierlicher Haltung durch die Tür rechts. - Die Frauen geleiten Elsa, die keiner Bewegung mächtig ist, nach links ab. Der Tag hat langsam begonnen zu grauen; die Kerzen sind verloschen. Ein zusammenfallender Vorhang schliesst im Vordergrunde die ganze Szene. Wie aus dem Burghofe herauf hört man Heerhörner einen Aufruf blasen.)

LOHENGRIN
Il dolce canto muore; noi siamo soli,
la prima volta soli, da poi che ci vedemmo.
Ora noi siamo lontani dal mondo,
né alcuno può spiare le effusioni del cuore.
Elsa, mia donna! O dolce e pura sposa!
Se tu sei felice, ora confida a me!

ELSA
Fredda parola sarebbe chiamarmi soltanto felice,
da poi ch'io posseggo ogni beatitudine celeste!
Sento così dolcemente il mio cuore per te ardere,
e gioia respiro, che soltanto Dio concede.

LOHENGRIN
(con fuoco)
Se tu puoi, mia cara, chiamarti felice,
anche tu mi doni la beatitudine celeste!
(con tenerezza)
Anch'io sento dolcemente il cuore per te ardere,
anch'io gioia respiro, che soltanto Dio concede...
Come nobile riconosco la natura del nostro amore!
Noi che non c'eravamo mai visti, di noi avemmo presagio; / appena fui per tuo campione scelto,
Amore mi spianò la via a te:
Il tuo occhio mi ti mostrò monda d'ogni colpa,...
m'obbligò il tuo sguardo al servizio della tua grazia.

ELSA
Pure io t'avevo prima già veduto,
in dolcissimo sogno tu già m'eri apparso;
ed ecco che quando, sveglia, io ti vidi innanzi a me,
io riconobbi che venivi per divino consiglio.
Allora avrei voluto davanti al tuo sguardo perdermi,
simile ad un ruscello intorno al tuo piede scorrere,
simile ad un fiore odorante sui prati,
curvarmi in rapimento avrei voluto al tuo passo.
È soltanto amore questo? Come debbo pronunziarla,
questa parola, così piena di gioia ineffabile,
ahimè, come il tuo nome! che mai dovrò conoscere;
col quale mai potrò chiamare il sommo mio bene!

LOHENGRIN
(carezzevole)
Elsa!

ELSA
Come dolce il mio nome sfugge alle tue labbra!
(un poco peritosa)
Non mi concederai il dolce suono del tuo?
Soltanto quando ci ritiriamo in amoroso silenzio,
permetti almeno, che la mia bocca lo esprima...

LOHENGRIN
Mia dolce donna!

ELSA
... soli, quando nessuno veglia;
che non giunga mai all'orecchio del mondo!

LOHENGRIN
(abbracciandola amorosamente ed
accennando, attraverso la finestra
aperta, al giardino fiorito
)
Non respiri tu con me i dolci profumi?
Oh! come grati essi inebriano il senso!
Misteriosamente essi s'appressano attraverso l'aria,
al loro incanto io mi concedo senza domandare...
(elevando la voce)
Tale è l'incanto, che a te m'ha congiunto,
quand'io, o mia dolce, primamente ti vidi;
non io della tua schiatta sentii di dover chiedere;
te vide il mio occhio... te comprese il mio cuore.
Come i profumi quetamente m'inebriano il senso,
se pure m'accostino come da misteriosa notte:...
(con calore)
così la tua purezza doveva inebriarmi
se pure io ti trovassi in sospetto di grave colpa.

(Elsa nasconde la propria vergogna, stringendosi a lui umilmente.)

ELSA
Ah! s'io potessi degna di te apparire
non soltanto dovessi io di fronte a te perdermi;
potesse un servigio a te congiungermi,
potessi io vedermi in angustie per te!
Come tu mi trovasti sotto grave accusa,
ah! così io sapessi anche te in pericolo;
per tollerare coraggiosamente un travaglio,
così io conoscessi un affanno che ti minaccia!...
Di tal natura sarebbe mai il segreto,
che la tua bocca a tutto il mondo tace?
(sempre più misteriosamente)
Forse che ti attenderebbe sciagura,
se a tutto il mondo fosse manifesto?
Se così fosse, ed io lo potessi sapere,
se mi fosse lecito averlo in mio potere,
nessuna minaccia certo me lo strapperebbe,
per te la morte io vorrei affrontare!

LOHENGRIN
Mia cara!

ELSA
(sempre più appassionatamente)
Oh rendimi superba della tua fiducia,
così che nella mia piccolezza io non mi perda!
Fa' ch'io penetri nel tuo segreto,
ch'io, chi tu sei, aperto veda!

LOHENGRIN
Ah! Elsa, taci!

ELSA
(sempre più incalzante)
Alla mia fede
scopri il valore della tua nobiltà!
Donde venisti, dimmi senza rimpianto...
La forza del tacere sia da me provata!

LOHENGRIN
(severo e grave,
arretrando di alcuni passi
)
D'altissima fiducia già mi devi essere grata,
perché volentieri ho creduto al tuo giuramento;
se non vacillerai di fronte al mio comandamento,
degna tu mi sembrerai sopra ogni altra donna!
(rapido si volge nuovamente
con tenerezza ad Elsa
)
Al mio petto, o dolce, o pura!
Accostati all'ardore del mio cuore;
che il tuo occhio dolcemente m'illumini,
in cui io scoprii ogni mio bene!
(con fuoco)
Oh concedimi, che in estasi,
il tuo respiro io sugga;
fa' che a me io ti stringa salda, ah! come salda;
fa' ch'io possa esser felice in te!
Il tuo amore mi sarà alto compenso
per ciò ch'io per te abbandonai;
nessun destino nella distesa dei mondi di Dio,
fu mai chiamato più nobile del mio.
Se il re m'offrisse la sua corona,
con buon diritto io la potrei sdegnare.
Il solo compenso al mio sacrifizio
nel tuo amore io debbo trovare!
E perciò fa' d'evitar sempre il dubbio,
e sia il tuo amore a me superba sicurezza!
Perché io già non venni da una notte di dilori,
ma da luce e beatitudine io qui ne venni!

ELSA
Dio m'aiuti, quel che mi tocca udire!
Quale testimonianza la tua bocca m'ha dato!
Tu volesti calmarmi con belle parole,
ed ora la mia sventura mi si fa manifesta!
La sorte, cui tu sei sfuggito
era il tuo bene supremo;
dalla beatitudine tu a me venisti
ed aspiri a tornarvi!
Come posso mai credere, infelicissima,
che a te basti la mia fede?
Un giorno mi ti rapirà,
quando ti pentirai del tuo amore!

LOHENGRIN
Cessa di tormentarti così!

ELSA
Perché, dunque, tu mi tormenti!
Debbo io contare i giorni,
che rimarrai ancora con me?
Nell'angoscia del tuo restare
mi si appassirà la guancia,...
poi nuovamente tu mi sfuggirai,
ed io rimarrò qui misera!

LOHENGRIN
(vivamente)
Mai sparirà il tuo incanto,
fin che rimarrai monda di dubbio!

ELSA
Ah! di legarti a me,
come avrei io potere?
Il tuo essere è tutto incantamento,
per miracolo tu ne venisti;...
come potrei io qui ricuperare salute,
dove trovare garanzia di te?
(Ella, al sommo dell'agitazione,
trasale di spavento, e s'interrompe
come per prestare ascolto
)
Non hai udito nulla? Non senti che alcuno viene?

LOHENGRIN
Elsa!

ELSA
Ah no!
(con gli occhi sbarrati)
Eppure là... il cigno... il cigno!
Ei se ne viene nuotando sull'onda del fiume...
tu lo chiami,... egli accosta la navicella...

LOHENGRIN
Elsa! Trattieniti! Calma il tuo delirio!

ELSA
Niente mi può dar pace,
niente al delirio sottrarmi,
se non che.. n'andasse della mia vita...
il sapere... chi tu sei!

LOHENGRIN
Elsa, che vuoi tu osare?

ELSA
O uomo fatalmente caro,
odi, quel ch'io ti devo domandare!
Dimmi il tuo nome!

LOHENGRIN
Fermati!

ELSA
Donde venisti?

LOHENGRIN
Guai a te!

ELSA
Quale la tua stirpe?

LOHENGRIN
Guai a noi! Che facesti mai?

(Elsa, stando avanti a Lohengrin, il quale volge le spalle al fondo, scorge Federico e quattro suoi compagni, che irrompono, le spade sguainate, da una porta di fondo.)

ELSA
(dopo un grido terribile)
Sálvati! La tua spada, la tua spada!

(Ella porge rapidamente a Lohengrin la spada appoggiata al divano, così che egli può rapidamente estrarla dal fodero che la contiene. Lohengrin, con un sol colpo, stende a terra morto Federico, che vibra contro di lui. Ai Nobili atterriti cadono le spade. Essi si precipitano in ginocchio, ai piedi di Lohengrin. Elsa che si è gettata al petto di Lohengrin, cade lentamente al suolo, svenuta, presso di lui. - Lungo silenzio.)

LOHENGRIN
(profondamente turbato,
rimane solo in piedi
)
Ahimè! Perduto è ormai ogni nostro bene!
(Egli si curva su di Elsa,
la solleva dolcemente,
e l'appoggia sul divano
)

ELSA
(sfinita, aprendo gli occhi)
Onnipotente, abbi pietà di me!

(Il giorno comincia a poco a poco a spuntare; i ceri consumati fino in fondo, minacciano di spegnersi. Ad un cenno di Lohengrin, i quattro Nobili si alzano.)

LOHENGRIN
Portate l'ucciso davanti al tribunale del Re!

(I Nobili prendono il cadavere di Federico e si allontanano con esso per una porta di fondo. Lohengrin tira il cordone d'un campanello; quattro Donne entrano da sinistra.)

LOHENGRIN
(alle Donne)
Per accompagnarla avanti al Re,
ornate Elsa, la dolce mia donna!
Colà io le darò risposta,
affinché ella conosca la stirpe del suo sposo!

(Egli si allontana in atteggiamento di solenne tristezza, dalla porta di destra. - Le Donne accompagnano via dalla parte di sinistra Elsa, la quale è incapace di un movimento qualsiasi. Il giorno ha lentamente cominciato il suo crepuscolo; i ceri si sono spenti. Una cortina cade sul davanti chiudendo tutta la scena. Si odono trombe che suonano l'appello, come se il suono salisse dal cortile d'un castello.)



dir: Claudio Abbado (1990)
Placido Domingo (Lohengrin), Cheryl Studer (Elsa)


"Das süsse Lied verhallt"
dir: Rudolf Kempe (1963)
Jess Thomas (Lohengrin), Elisabeht Grümmer (Elsa)

"Das süsse Lied verhallt"
dir: Heinz Tietjen (1936)
Franz Völker (Lohengrin), Maria Müller (Elsa)