15 aprile 2014

Don Giovanni (36) - Donna Elvira, la passione

Scritto da Marisa

Come entra in scena Donna Elvira? Andando alla disperata ricerca dell'uomo che l'ha fatta innamorare, ha promesso di sposarla (o forse l'ha fatto, ma solo sulla parola – “mi dichiari tua sposa” – come è costume di Don Giovanni che vediamo fare la stessa promessa a Zerlina) e dopo soli tre giorni l'ha abbandonata senza nemmeno una parola di scuse o di commiato, lasciandola in preda alla più crudele delusione, ma non per questo meno innamorata... Infatti che cos'è quella rabbia terribile che la porta a giurare di volergli “strappare il cor”, se non lo stesso sentimento bruciante che trasforma l'amore in odio persecutivo ma pronto a ritornare amore al minimo gesto di lusinga?
A nulla purtroppo serve l'intervento pedagogico di Leporello che le sciorina l'intero catalogo delle imprese del padrone, aprendole gli occhi sulle sue abitudini e sull'ars amandi collaudata su ogni tipo di donna e di ogni età. A rendere il catalogo più completo c'è persino la mappa (“in Italia... in Almagna... in Francia... in Turchia... in Ispagna...”) in cui le avventure si consumano, e questo nomadismo completa il carattere di Don Giovanni aggiungendo alla frenesia amatoria l'irrequietezza di chi ha anche l'urgenza di spostarsi sempre più in là. È praticamente sempre in moto e sulla pista di nuove prede, in pieno accordo con il suo archetipo: Dioniso che viaggiava continuamente col suo seguito di satiri e menadi.

L'odio però è solo momentaneo e l'altra faccia della medaglia. In realtà non prende mai piede come avviene in altre donne, tipo Medea o Fedra, in cui l'amore tradito si trasforma veramente in odio implacabile e scatena vendette terribili. In Donna Elvira si tratta soltanto di una copertura che giustifica il suo inseguimento e la porta a sottrarre Zerlina all'inganno (forse più per gelosia che per autentico desiderio di salvare una ragazza ingenua), pronta a dare nuovamente credito al minimo cenno di corteggiamento e di riconquista, con tale prontezza e credulità da far scoppiare dal ridere lo smaliziato Leporello, pur abituato alle prodezze più impensate e ciniche del padrone. Invano Elvira cercherà anche di redimerlo e di portarlo al pentimento: è un'impresa impossibile, perché non ha capito che la natura dell'uomo che ama è completamente diversa dalla sua (che prevede una continuità nell'amore) e che per Don Giovanni la parola “pentimento” non ha alcun senso. Egli è impegnato solo a vivere del godimento del presente e a non fare nessun caso sia del passato che del futuro, costellazione per cui non ci può essere né ripensamento e quindi correzione degli errori (che lui non vede mai come tali) né progetti veri o impegni per il futuro con senso di responsabilità, come vorrebbe Donna Elvira, parola ignota al libertino.

Elvira stessa, in una delle pagine più alte di pathos della psicologia femminile, sostenuta da una musica drammatica e struggente assai adatta a simile confessione (“Mi tradì quell'alma ingrata...”), ammette che nonostante i ripetuti tradimenti non può fare a meno di sentire pietà – leggi “amore” – per l'ingrato. Ma l'innamoramento di Donna Elvira è totalmente altro di quello di Don Giovanni. Per lei possiamo parlare di amore-passione totalizzante, una condizione dell'anima che è stata risvegliata da un incontro e che, costi quel che costi, non può essere più spenta né trasferita perché si è messo in moto un processo che, come una freccia, vuol andare diritta al suo scopo.

Che Donna Elvira non sappia o non possa fare tesoro dell'esperienza, come avviene a Zerlina che esce dall'infatuazione non appena la realtà mostra la vera natura del nobile seduttore (e per fortuna il suo cuore è già sostanzialmente occupato da Masetto), ma sia sempre e perdutamente innamorata, è il suo destino e la sua natura, l'elemento che la rende così com'è. E quest'amore può soltanto alla fine, con la scomparsa di Don Giovanni, trasformarsi in un progetto spirituale (dichiara infatti che andrà in convento), mai trasferirsi ad un altro uomo. La situazione di Donna Elvira è anche molto diversa da quella di Donna Anna, che in Don Ottavio ha pur sempre un compagno in grado di soddisfare i bisogni del sentimento, mentre l'estasi erotico-sensuale che le è stata rivelata da Don Giovanni la rende ambivalente.

Per Donna Elvira l'incontro con Don Giovanni ha rappresentato l'esperienza estatica e totalizzante che la psiche femminile incontra una sola volta nella vita. E come Psiche nella dimora incantata di Eros, immersa nel piacere ma con la proibizione di conoscere l'identità dell'amato, vive i primi tre giorni dell'idillio nel completo abbandono di un amore di cui non conosce ancora il vero volto. A differenza di Psiche però, che dopo le difficili prove e il dolore riesce a riconquistare Eros ad un livello più alto, per Elvira Don Giovanni è irrecuperabile. Il suo cammino rimane solitario e può affidarsi solo ad una completa sublimazione. Come suggerisce Rilke, lei è destinata a diventare una di quelle eroine d'amore per le quali la via della realizzazione concreta è preclusa e devono perciò compiere un cammino spirituale, guidate da quell'amore che trasforma perché rivela il suo vero senso nel diventare una freccia aperta all'infinito...