9 dicembre 2012

La Cenerentola (14) - "Sia qualunque delle figlie"

Scritto da Christian

Nel libretto originale, il secondo atto de “La Cenerentola” si apriva con un coro musicato da Luca Agolini, “Ah! Della bella incognita”, in cui i cortigiani commentavano con ilarità l'effetto che l'arrivo della misteriosa dama aveva avuto su Clorinda e Tisbe. In ossequio alle edizioni critiche sorte nella seconda metà del ventesimo secolo, tale coro è solitamente omesso dalle rappresentazioni moderne dell'opera, ma ne resta un accenno nel recitativo successivo di Don Magnifico, in cui il padre spiega collericamente alle figlie “Mi par che quei birbanti / ridessero di noi sotto cappotto”, aggiungendo poi un'espressione insolita e colorita, “Corpo del mosto cotto” (che storpia “Corpo mistico del Cristo”, naturalmente – visto il personaggio – in chiave enologica).

Nello scambio di battute che segue, Don Magnifico accenna al fatto di essersi impadronito in maniera fraudolenta del patrimonio di Angelina. La figliastra aveva evidentemente ereditato i beni del defunto padre; ma la madre, risposandosi con Magnifico, ha nominato il secondo marito tutore di Angelina. E il barone ne ha dilapidato il capitale (addirittura nascondendone l'esistenza alla figliastra, che in precedenza aveva infatti spiegato ad Alidoro di non aver “mezzo soldo”). Don Magnifico teme che qualcuno scopra il suo misfatto: l'espressione “avrei trovato il resto del Carlino” non fa riferimento al quotidiano bolognese ma a un'antica moneta, coniata da Carlo d'Angiò, che valeva pochissimo e il cui resto era dunque ben poca cosa, indi per cui la locuzione significa "sarei agli sgoccioli".

Clorinda e Tisbe lo rassicurano: con la supponenza che le accompagna, sono certe che il principe sia già cotto di loro e che le abbia scelte come consorti (il buffo è che ne sono convinte entrambe, cosa evidentemente impossibile, come Dandini stesso aveva osservato: “Maritarmi a due sorelle / tutte insieme non si può”). Il padre, a sua volta, comincia a immaginarsi nel ruolo di genitore di una “figlia reale”, figurandosi di fare mercato delle richieste di audizione presso il sovrano: il clientelismo, le tangenti e i favori, per chi ne dubitasse, erano pratiche comuni già agli inizi dell'ottocento! Esilaranti, comunque, le varie richieste che Don Magnifico si prefigura, provenienti da chi “ha torto e vuol ragione” o da chi aspira a “una cattedra” (universitaria, si capisce) ma è un “ciuccio” (ossia un asino!), per non parlare dei campi più disparati, dall'“appalto delle spille” alla “pesca delle anguille”.

L'aria “Sia qualunque delle figlie” è già la terza (dopo “Miei rampolli femminini” e “Conciossiacosaché”) che Ferretti e Rossini riservano a Don Magnifico, più di ogni altro personaggio (principe e Cenerentola compresi): quale miglior indicazione del fatto che ci troviamo di fronte a un'opera buffa (seppur il libretto indichi “dramma giocoso”), dove le figure di contorno – soprattutto se caricaturali o ridicole – hanno spazio quanto e più di quelle centrali, ed è a loro che vanno le maggiori simpatie degli autori? Il tema delle “vanterie” (dove cioè un personaggio sbruffone e vanesio già pregusta un momento di gloria futura in cui tutti accorreranno a chiedere i suoi favori, e della qual situazione se ne approfitterà in maniera più o meno lecita), peraltro, è tipico dell'opera buffa in generale e di Rossini in particolare: ricordiamo, per esempio, l'aria del giornalista Macrobio “Chi è colei che s'avvicina?” ne “La pietra del paragone” (ma anche certi passaggi della cavatina di Figaro: "Tutti mi cercano / tutti mi vogliono / ...")

Il brano non è facile da cantare, per via della velocità e della dizione richiesta da certi passaggi, e può rivelarsi ostico per un cantante non a proprio agio con la lingua italiana. Non a caso il ruolo di Don Magnifico (così come anche quello di Dandini) è solitamente riservato a cantanti di madrelingua italiana anche nelle produzioni internazionali (mentre invece la parte di Ramiro, meno impegnativa, è spesso appannaggio di cantanti stranieri). La performance richiesta al basso buffo in quest'occasione è naturalmente paragonabile a quella di un altro celebre pezzo rossiniano, vale a dire “A un dottor della mia sorte”, l'aria di Don Bartolo nel “Barbiere di Siviglia”.


Clicca qui per il testo del recitativo che precede il brano.

[CORO DI CAVALIERI
Ah! Della bella incognita
l'arrivo inaspettato
peggior assai del fulmine
per certe ninfe è stato.
La guardano, e taroccano;
sorridono, ma fremono;
hanno una lima in core
che a consumar le va.
Guardate! Già regnavano!
Ci ho gusto. Ah ah ah.
(partono deridendole)]

DON MAGNIFICO
(in collera caricata)
Mi par che quei birbanti
ridessero di noi sotto cappotto.
Corpo del mosto cotto!
Fo un cavaliericidio.

TISBE
Papà, non v'inquietate.

DON MAGNIFICO
Ho nella testa quattromila pensieri.
Ci mancava quella madama anonima.

CLORINDA
E credete che del principe
il core ci contrasti?
Somiglia Cenerentola e vi basti.

DON MAGNIFICO
Somiglia tanto e tanto
che son due gocce d'acqua.
[E quando a pranzo
faceva un certo verso con la bocca,
brontolavo fra me: per Bacco, è lei.
Ma come dagli Ebrei
prender l'abito a nolo!
Aver coraggio di venire fra noi?
E poi parlar coi linci e squinci? E poi
starsene con sì gran disinvoltura,
e non temere una schiaffeggiatura?]

TISBE
Già già questa figliastra
fino in chi la somiglia è a noi funesta.

DON MAGNIFICO
Ma tu sai che tempesta
mi piomberebbe addosso,
se scuopre alcun come ho dilapidato
il patrimonio suo! Per abbigliarvi,
al verde l'ho ridotta. È diventata
un vero sacco d'ossa. Ah, se si scopre,
avrei trovato il resto del carlino.

CLORINDA
E paventar potete a noi vicino?

DON MAGNIFICO
Vi son buone speranze?

TISBE
Eh! niente niente.
Posso dir ch'è certezza.

CLORINDA
Io quasi quasi
potrei dar delle cariche.

TISBE
In segreto mi ha detto: anima mia,
ha fatto un gran sospiro, è andato via.

CLORINDA
Un sospiro cos'è?
Quando mi vede, subito ride.

DON MAGNIFICO
(riflettendo e guardando ora l'una ora l'altra)
Ah! dunque,
qui sospira, e qui ride.

CLORINDA
Dite, papà barone
voi che avete un testone:
qual è il vostro pensier? Ditelo schietto.

DON MAGNIFICO
Giocato ho un ambo e vincerò l'eletto.
Da voi due non si scappa. [Oh come, oh come,
figlie mie benedette,
si parlerà di me nelle gazzette!
Questo è il tempo opportuno
per rimettermi in piedi. Lo sapete,
io sono indebitato.
Fino i stivali a tromba ho ipotecato.
Ma che flusso e riflusso
avrò di memoriali! Ah, questo solo
è il paterno desìo.
Che facciate il rescritto a modo mio.]
C'intenderem fra noi;
viscere mie, mi raccomando a voi.

Clicca qui per il testo del brano.

DON MAGNIFICO
Sia qualunque delle figlie
che fra poco andrà sul trono,
ah! non lasci in abbandono
un magnifico papà.

Già mi par che questo e quello,
conficcandomi a un cantone
e cavandosi il cappello,
incominci: "Sor barone:
alla figlia sua reale
porterebbe un memoriale?"
Prende poi la cioccolata, ["Prenda, per la cioccolata"]
e una doppia ben coniata
faccia intanto scivolar.

Io rispondo: "Eh sì, vedremo.
Già è dipeso. Parleremo,
da palazzo può passar."

Mi rivolto, e vezzosetta,
tutta odori e tutta unguenti,
mi s'inchina una scuffietta
fra sospiri e complimenti:
"Baroncino! Si ricordi
quell'affare", e già m'intende;
senza argento parla ai sordi.
La manina alquanto stende,
fa una piastra sdrucciolar.

Io galante: "Occhietti bei!
Ah! Per voi che non farei!
Io vi voglio contentar!"

Mi risveglio a mezzo giorno:
suono appena il campanello,
che mi vedo al letto intorno
supplichevole drappello:
questo cerca protezione,
quello ha torto e vuol ragione,
chi vorrebbe un impieguccio,
chi una cattedra ed è un ciuccio;
chi l'appalto delle spille,
chi la pesca dell'anguille,
ed intanto in ogni lato
sarò zeppo e contornato
di memorie e petizioni,
di galline, di sturioni,
di bottiglie, di broccati,
di candele e marinati,
di ciambelle e pasticcetti,
di canditi e di confetti,
di piastroni, di dobloni,
di vaniglia e di caffè.

Basta basta, non portate!
Terminate, ve n'andate!
Serro l'uscio a catenaccio.
Importuni, seccatori,
fuori fuori, via da me!

Clicca qui per il testo del recitativo che segue il brano.

TISBE
(accostandosi in confidenza)
Di': sogni ancor che il principe
vada pensando a te?

CLORINDA
Me lo domandi?

TISBE
Serva di vostr'altezza.

CLORINDA
A' suoi comandi.

(partono, scostandosi e complimentandosi ironicamente)




Alessandro Corbelli



Alfonso Antoniozzi



Enzo Dara


Paolo Montarsolo


Bruno Praticò

Luciano Miotto

2 commenti:

Mihai Popa ha detto...

Excuse me for posting in English, I do not speak Italian (although being Romanian I can understand a little bit). I love the aria "Sia qualunque delle figlie" but I did not understand the context of all words. For example I did not understand what don Magnifico means by "una cattedra e un ciuccio" - but thanks to your excelent article I do now.
Great post, thank you!


Christian ha detto...

Thanks to you for your kind comment! Some terms in the libretto are in fact difficult to interpret correctly, because they are old or are used only in some part of Italy. Not everyone knows for example that "ciuccio" is a donkey (the animal) in the neapolitan dialect (in italian properly you should use "ciuco") and that by extension this also means "stupid" or "ignorant"!