1 marzo 2012

L'Orfeo (7) - Atto III

Scritto da Christian


Terzo atto (direttore: René Jacobs – Orfeo: Simon Keenlyside)


Il terzo e il quarto atto dell'opera si svolgono nel regno degli inferi. I toni cambiano, gli strumenti ad arco e i flauti cedono spazio agli ottoni (come lo stesso Monteverdi annota sullo spartito, "qui sonano tromboni, corni e regale, taciono viole da bracio, organi di legno e clavicembali, e si muta la scena") e persino i cori si fanno freddi e impersonali (soprattutto se li paragoniamo con quelli pieni di vita e di sentimento che avevano intonato pastori e ninfe).

Scortato dalla Speranza ("Ecco l'atra palude, ecco il nocchiero"), Orfeo giunge alle porte dell'inferno: qui, sulle rive del fiume solcato dalla barca di Caronte, la sua guida non può più proseguire (il libretto di Striggio cita fedelmente i celebri versi di Dante: "Lasciate ogni speranza voi che entrate"). Orfeo viene invitato da Caronte a tornare indietro, perché ai mortali non è consentito il passaggio ("O tu, ch'innanzi morte a queste rive", intona con voce cavernosa e metallica) e perché sospetta che sia sceso nel Tartaro per rapire Cerbero o addirittura per sottrarre Proserpina a Plutone (si tratta di due riferimenti ai miti, rispettivamente, di Eracle e di Piritoo). Il cantore gli spiega le proprie ragioni e prova a convincerlo a lasciarlo passare ("Possente spirto e formidabil nume", un lungo brano ricco di abbellimenti vocali e di virtuosismi musicali), ma Caronte, pur apprezzando il suo canto, non sembra lasciarsi intenerire. Al suon della sua cetra, Orfeo riesce tuttavia a farlo addormentare, e può così varcare il fiume per fare la sua richiesta agli dei dell'inferno (che culmina nello struggente "Rendetemi il mio ben, tartarei numi!"). Un coro di spiriti che elogia la sua audacia ("Nulla impresa per uom si tenta invano") conclude l'atto, che è incorniciato da una breve sinfonia che è possibile udire sia all'inizio che alla fine, con orchestrazioni differenti (la ritroveremo nuovamente nel quinto atto, prima dell'apparizione di Apollo: è dunque un brano da associare al soprannaturale).

Clicca qui per il testo del terzo atto.

Sinfonia

ORFEO
Scorto da te, mio nume
Speranza, unico bene
de gli afflitti mortali, omai son giunto
a questi mesti e tenebrosi regni
ove raggio di sol giammai non giunse.
Tu, mia compagna e duce
in così strane e sconosciute vie
reggesti il passo debole e tremante,
ond'oggi ancor spero
di riveder quelle beate luci
che sole a gli occhi miei portano il giorno.

SPERANZA
Ecco l'atra palude, ecco il nocchiero
che trae l'ignudi spirti a l'altra sponda,
dov'ha Pluton de l'ombre il vasto impero.
Oltre quel nero stagno, oltre quel fiume,
in quei campi di pianto e di dolore,
destin crudele ogni tuo ben t'asconde.
Or d'uopo è d'un gran core e d'un bel canto.
Io fin qui t'ho condotto, or più non lice
teco venir, ché amara legge il vieta,
legge scritta col ferro in duro sasso
de l'ima reggia in su l'orribil soglia,
che in queste note il fiero senso esprime:
lasciate ogni speranza voi ch'entrate.

Dunque, se stabilito hai pur nel core
di porre il piè nella città dolente,
da te men fuggo e torno
a l'usato soggiorno.

ORFEO
Dove, ah, dove ten' vai,
unico del mio cor dolce conforto?
Poiché non lunge omai
del mio lungo cammin si scopre il porto,
perché ti parti e m'abbandoni, ahi lasso,
sul periglioso passo?
Qual bene or più m'avanza
se fuggi tu, dolcissima Speranza?

CARONTE
O tu, ch'innanzi morte a queste rive
temerario ten' vieni, arresta i passi.
Solcar quest'onde ad uom mortal non dassi,
né può co' morti albergo aver chi vive.
Che vuoi forse, nemico al mio signore,
Cerbero trar de le tartaree porte?
O rapir brami sua cara consorte,
d'impudico desire acceso il core?
Pon freno al folle ardir, ch'entr'al mio legno
non accorrò più mai corporea salma,
sì de gli antichi oltraggi ancora ne l'alma
serbo acerba memoria e giusto sdegno.

Sinfonia

ORFEO
Possente spirto e formidabil nume,
senza cui far passaggio a l'altra riva
alma da corpo sciolta in van presume,

Ritornello

non viv'io, no, che poi di vita è priva
mia cara sposa, il cor non è più meco,
e senza cor com'esser può ch'io viva?

Ritornello

A lei volto ho il cammin per l'aer cieco,
a l'inferno non già, ch'ovunque stassi
tanta bellezza il paradiso ha seco.

Ritornello

Orfeo son io, che d'Euridice i passi
segue per queste tenebrose arene,
ove giammai per uom mortal non vassi.
O de le luci mie luci serene,
s'un vostro sguardo può tornarmi in vita,
ahi, chi nega il conforto a le mie pene ?
Sol tu, nobile dio, puoi darmi aita,
né temer dei, ché sopra un'aurea cetra
sol di corde soavi armo le dita
contra cui rigida alma invan s'impetra.

CARONTE
Ben sollecita alquanto
dilettandomi il core,
sconsolato cantore,
il tuo pianto e 'l tuo canto.
Ma lunge, ah, lunge sia da questo petto
pietà, di mio valor non degno affetto.

ORFEO
Ahi, sventurato amante!
Sperar dunque non lice
ch'odan miei prieghi i cittadin d'Averno?
Onde qual ombra errante
d'insepolto cadavere e infelice,
privo sarò del cielo e de l'inferno?
Così vuol empia sorte
ch'in questi orror di morte
da te, mio cor, lontano
chiami tuo nome in vano,
e pregando e piangendo io mi consumi?
Rendetemi il mio ben, tartarei numi!

Sinfonia

Ei dorme, e la mia cetra,
se pietà non impetra
ne l'indurato core, almen il sonno
fuggir al mio cantar gli occhi non ponno.
Su, dunque, a che più tardo?
Tempo è ben d'approdar su l'altra sponda,
s'alcun non è ch'il nieghi.
Vaglia l'ardir se foran vani i preghi.
È vago fior del tempo l'occasion,
ch'esser dee colta a tempo.
Mentre versan quest'occhi amari fiumi,
rendetemi il mio ben, tartarei numi!

Sinfonia

CORO DI SPIRITI INFERNALI
Nulla impresa per uom si tenta invano,
né contra lui più sa natura armarse.
Ei del instabil piano
arò gli ondosi campi, e 'l seme sparse
di sue fatiche, ond'aurea messe accolse.
Quinci perché memoria
vivesse di sua gloria,
la fama à dir di lui sua lingua sciolse,
ch'ei pose freno al mar col fragil legno,
che sprezzò d'Austro e d'Aquilon lo sdegno.

Sinfonia



direttore: Jordi Savall – Orfeo: Furio Zanasi


direttore: Nikolaus Harnoncourt – Orfeo: Philippe Huttenlocher



"Ecco l'atra palude" (Philippe Jaroussky)


"Ecco l'atra palude" (Maria Christina Kiehr)


"O tu, ch'innanzi morte a queste rive" (Mario Luperi)


"O tu, ch'innanzi morte a queste rive" (Paul Gerimon)


"Possente spirto" (Anthony Rolfe-Johnson)

"Possente spirto" (Nigel Rogers)