27 ottobre 2010

Turandot (3) - Riassunto dell'atto I

Scritto da Giovanni Ansaldi



Le mura della Città Imperiale.

Nella piazza di Pechino, al tempo delle favole, un mandarino ricorda alla folla l'editto della crudele Turandot. La principessa sposerà solo colui che avrà risolto tre enigmi da lei proposti. In caso di fallimento, il pretendente verrà messo a morte ("Popolo di Pechino, la legge è questa": già dalle prime battute ci si rende conto della modernità dell'orchestrazione pucciniana).
Questa è la sorte dello sfortunato principe di Persia, che si prepara a morire decapitato al sorgere della luna.
La folla rumoreggia, eccitata dall'imminente spettacolo ("Perché tarda la luna?").
Nella calca il vecchio Timur, re spodestato dei Tartari, accompagnato dalla giovane schiava Liù, cade a terra. Il principe Calaf si precipita in suo aiuto e riconosce in lui il padre. Entrambi, salvatisi avventurosamente per vie diverse, sono costretti a mantenere l'incognito per sfuggire ai feroci usurpatori. Calaf chiede a Liù la ragione del suo amorevole aiuto al vecchio re. E lei risponde di aver condiviso le sofferenze del sovrano soltanto perché un giorno nella reggia lui, il principe Calaf, le aveva sorriso.
Intanto la luna è apparsa, accompagnata da un lontano, estatico canto di fanciulli ("Là sui monti dell'Est / la cicogna cantò"). Preceduto da un corteo di grandi dignitari, il giovane principe di Persia viene condotto al patibolo.
La folla, a questa vista, si commuove, muta atteggiamento e chiede a gran voce per lui la grazia.
Calaf maledice Turandot ("Ch'io ti veda e ch'io ti maledica!"), ma quando questa fa una breve comparsa per confermare la condanna, rimane come ipnotizzato dalla sua bellezza ("O divina bellezza, o meraviglia, o sogno!") e decide immediatamente di sottoporsi alla prova degli enigmi.
Invano, con motivazioni diverse, Timur, Liù e i tre ministri Ping, Pong e Pang tentano di dissuaderlo (Liù: "Signore, ascolta" / Calaf: "Non piangere, Liù", arie ormai entrate nel repertorio).
Ipnotizzato dal volto di Turandot, Calaf si precipita a colpire per tre volte il gong posto nella piazza, gesto che pubblicamente annuncia che un nuovo pretendente è pronto a sfidare la sorte (il finale di questo atto è musicalmente un capolavoro sinfonico-corale).


direttore: Zubin Mehta